SOGNO DI UNA NOTTE D’INVERNO
Perché non possiamo fare a meno degli Usa
Toglietemi Trump, ma non l’America
Molti in Europa aspettavano solo l’elezione di un presidente irragionevole per tagliare i legami con Washington. È giusto costruire un’identità europea. Ma attenti: lo strapotere di Mosca e Pechino può schiacciarci. È nel nostro interesse aiutare gli Stati Uniti a tornare grandi
VOGLIO L’AMERICA «GREAT AGAIN». Di nuovo grande. Non so se gli americani me la ridaranno. Donald Trump la promette ma poi s’ingegna a restringerla. Barack Obama e Hillary Clinton prima di lui non hanno fatto meglio. Hollywood da qualche tempo delude. Silicon Valley è un po’ imbruttita, qualche volta sgradevole. Le grandi università sono in uno stato d’ansia. Non è che gli Stati Uniti siano diventati piccoli. È che non guidano più. Guidano meno di prima; sono confusi e meno attraenti. La cosa mi spiace (mi manca l’American Dream, anche visto da lontano), ma mi preoccupa fino a un certo punto. Prima o poi – me lo auguro – su quelle sponde dell’Atlantico e del Pacifico, dalla confusione, nascerà qualcosa di nuovo. Quando Trump pronuncia “America First!” fa il demagogo ma, allo stesso tempo, impone un tema al quale tutti i presidenti che seguiranno dovranno – si spera in modo diverso da lui – dare una risposta: come fare tornare gli Stati Uniti alla guida del mondo o almeno di una sua parte.
QUEL CHE MI DISORIENTA È L’EUROPA. A volte ho l’impressione che noi europei, politici e cittadini, non aspettassimo altro che l’elezione di un irragionevole alla Casa Bianca per prendercela con l’America. Per allungare la distanza tra le due sponde del grande lago. Per essere meno amici. In effetti, Trump sembra una buona scusa, produce argomenti ricchi per tenerlo a distanza. Ma Trump è Trump e l’America è l’America. Di lui, possiamo fare a meno, dell’America no. Una cosa è sviluppare identità europee. A me, certe volte capita che piacciano più le serie tv della Bbc e scandinave, persino tedesche, delle californiane (non sempre). Sono felice che
nel Vecchio Continente non sia prevista la pena di morte di Stato, che le armi non siano così facili da comprare (non ovunque) e che si attraversino i confini senza passaporto. Una cosa diversa, però, è illudersi che tutto questo – i film e le serie, le leggi che riteniamo civili, la libertà di movimento – li avremmo avuti senza l’America e, soprattutto, li possiamo mantenere in futuro senza l’America. C’è anche chi pensa, in politica, che per fare l’Europa unita ci sia solo una strada: rompere con Washington. Beh, credo che senza gli Stati Uniti impegnati nel mondo l’Europa non potrebbe vivere in un comodo isolamento. L’alternativa a una relazione forte tra occidentali per la Ue sarebbe cadere nelle sfere d’influenza della Russia o della Cina.
QUANDO, L’ANNO SCORSO, con Trump appena insediato, Angela Merkel disse che l’Europa aveva un partner in meno e che su molte questioni avrebbe in futuro dovuto fare da sola, la cancelliera tedesca aprì una fase nuova della politica della Unione Europea. Non solo le giuste critiche al protezionismo della Casa Bianca o un sano dibattito sui cambiamenti climatici: da allora mi pare sia iniziato un ri-orientamento strategico a Berlino, in molte capitali europee e a Bruxelles. Washington non è più considerata il partner numero uno, indispensabile, ma è spesso messa sullo stesso piano di Mosca e di Pechino. Forte rischio. Qualche giorno fa, mi è capitato di partecipare a un pranzo con Steve Bannon, il signore delle tenebre che ha ispirato Trump e architettato la sua vittoria elettorale. Ha illustrato una teoria secondo la quale nel mondo si sta ricostituendo, dopo secoli, un’egemonia sul continente eurasiatico che parte dalla Cina, passa per l’Iran e arriva alla Turchia: evidenziata dall’iniziativa cinese “Belt and Road”, la rete di infrastrutture che Pechino sta realizzando nella regione. I primi a esserne schiacciati – dice Bannon – saranno gli europei, dopo toccherà gli americani.
POSSIBILE CHE SI SBAGLI. È però un fatto che nel mondo si rafforzino i regimi autoritari e che stia facendo proseliti l’idea che si è più efficienti se si può fare a meno delle debolezze della democrazia. Non sarà facile per l’Europa resistere, da sola, a quest’onda. Già al suo interno, a Est, sono al governo teorici della democrazia illiberale. È per questo che invece di respingere l’America dovremmo aiutarla a tornare «Great Again». Non come intende Trump, ma come piace a noi europei: libera, aperta, con grandi difetti ma centro della democrazia. Forse tornerà. Ma chissà cosa sarà successo, nel frattempo, a noi europei.