LE MEMORIE ( PUNK) DI CHURCHILL
L’opera SettimoCielo di Caryl Churchill ha conquistato Roma facendo riflettere su un secolo di passioni tumultuose, che tiene insieme il colonialismo, Margaret Thatcher e la musica dei Clash
FINALMENTE CHURCHILL ARRIVA IN ITALIA. Non il cinematografico Winston, ma la teatrale Caryl: una delle più importanti drammaturghe della scena mondiale. Inglese, nata a Londra nel 1938, è nota per affrontare tematiche scomode: sesso, abuso di potere, guerra. Quest’opera non è diversa, una commedia inquieta che costringe a pensare. Settimo Cielo ha debuttato in prima nazionale al Teatro India di Roma, per la regia di Giorgina Pi. Due settimane di quasi tutto esaurito. Un successo meritato: Caryl Churchill ha cambiato il linguaggio teatrale come pochi altri autori. Sebbene il suo nome sia ormai tra i grandi
del teatro mondiale, in Italia è pressoché sconosciuta. Ma c’è una prima volta anche per i capolavori, e questo Settimo Cielo rappresenta uno splendido inizio. La storia è lineare, in apparenza: una saga familiare dall’Africa coloniale nel 1879 alla turbolenta Londra del 1979 (agitazione politica, economica, musicale). Le cose si complicano. Il mondo viene sconvolto in questi cento anni. Inoltre l’autrice sceglie di usare il cross-casting: gli uomini spesso interpretano le donne, e viceversa. L’unico personaggio di colore è impersonato da un attore bianco. In Settimo Cielo Caryl Churcill stravolge tempo, spazio e identità. Nessun personaggio è ciò che appare e soprattutto non desidera ciò che dovrebbe desiderare. Nel primo atto il capofamiglia Clive (Marco Spiga), amministratore della colonia africana di Sua Maestà, è sedotto da una vedova (Sylvia de Fanti). L’ossequiosa moglie Betty (un uomo, Alessandro Riceci) è l’amante di Harry (Marco Cavalcoli), un affascinante esploratore il quale a sua volta ha relazioni omosessuali clandestine un po’ con tutti. Joshua il servitore nero (un bianco, Lorenzo Parrotto) vorrebbe essere bianco; mentre il primogenito Edward (una donna, Tania Garribba) preferisce le bambole della sorella alle gesta militari del padre. Maud, la suocera (Aurora Peres), finge di non vedere. La Regina Vittoria, celebre per coprire le gambe tornite dei tavoli in quanto troppo sensuali, non sarebbe stata fiera di quei sudditi.
LA TRAMA SCATTA IN AVANTI: ci ritroviamo nel 1979, in una Londra dove impazza la cultura punk e Margaret Thatcher guida i conservatori (prima il partito, poi il governo). I tempi sono cambiati, ma le passioni non cambiano: ritroviamo alcuni personaggi alle prese con matrimoni elastici, divorzi improbabili, famiglie allargate e traballanti relazioni gay. Gran confusione al settimo cielo! Il titolo originale dell’opera, Cloud Nine, gioca infatti con l’ambiguità dell’espressione inglese. Il “settimo cielo” britannico sta infatti sulla “nuvola nove” e indica una doppia condizione: estasi e confusione. La regista italiana Giorgina Pi – da anni impegnata con i testi della Churchill insieme al collettivo Angelo Mai – ci regala uno spettacolo limpido e avvincente (cui auguriamo di trovare presto una distribuzione
SETTIMO CIELO SORPRENDE E, SPAVENTANDO, CONFORTA
nazionale). L’imperialissima canzone Rule, Britannia! dà il via all’azione: un tourbillon di personaggi in costumi alla Tim Burton invade la scena, il cui unico perno sono due file di sedili; mentre sullo sfondo troneggia un mappamondo gonfiabile con scritto “British Empire”. L’Union Jack non sventola, ma colora mutande e canottiere che i personaggi fanno di tutto per mostrarci.
DAL GIOCO DEI RUOLI DELL’ALTA SOCIETÀ vittoriana si passa allo spazio aperto dei parchi londinesi a fine Anni 70. Su panchine sporche di scritte si incontrano gli amanti e le nonne portano a giocare i nipotini; qualche volta appaiono fantasmi di matrone vittoriane e giovani soldati morti nel conflitto nordirlandese; tutto sotto gli occhi di un enorme ritratto della Thatcher dai colori fluo, profana madonna del Regno. Un ottimo cast di attori riesce a cavalcare l’esuberanza del testo e restituirne le sfumature. Le musiche dei Clash e di Elton John fanno il resto. È un piacere ritrovare in questa produzione tutta italiana gli aspetti migliori della tradizione inglese: un teatro contemporaneo e pop per temi e per stile, in grado di catturare la nostra immaginazione. Settimo Cielo trafigge ogni pretesa di famiglia tradizionale, ogni ricorso al nazionalismo, ogni tentazione di omofobia; è una commedia surreale e inquieta, espressione del periodo in cui fu scritta: il 1979, anno della prima elezione di Margaret Thatcher, che per molti britannici fu un trauma. Oggi, considerato cosa accade negli USA e in altre democrazie, tra cui la stessa Gran Bretagna, l’avranno rivalutata? Populismi aggressivi, il tunnel della Brexit, i problemi di un’immigrazione spesso malgestita, il dibattito crudo sulle molestie sessuali, le lotte per la parità di genere, le ansie per l’occupazione e il reddito. Come orientarsi nel settimo cielo del terzo millennio? Forse seguendo il consiglio di un personaggio, Betty: «Se non c’è un modo giusto di fare le cose, bisogna inventarsene uno».
Marta Rizi (Roma, 1984) ha studiato letteratura a Roma e a Oxford, e ha frequentato l’Accademia di arte drammatica a Londra. Domenica 25 marzo, dalle ore 19.30, leggerà alcuni brani di Montanelli, Buzzati, Barzini, Vergani e Soldati in occasione dell’evento conclusivo di “Cibo a regola d’arte”: dal titolo “Il Corriere” è commestibile. Grandi firme, robusti appetiti, condotto da Beppe Severgnini e Stefania Chiale, con la partecipazione straordinaria di Mario Biondi (UniCredit Pavillon, piazza Gae Aulenti 10, Milano).