Manuale di conversazione
Vanzina ha scritto un giallo o un romanzo di costume? Per un lettore è la storia di Maria Angiolillo
ATTILIO ALESSANDRO BOLLINI scrive su La sera a Roma di Enrico Vanzina: «Non è affatto un giallo bensì un libro di costume su Roma, ma non mi finisce di piacere. Trovo molte affinità con Dagospia, anche se su livelli di eleganza e di piacevolezza molto lontani dalle cronache di D’Agostino, e vedo echi della vicenda di Maria Angiolillo tanto celebrata da Vespa! Un bel romanzo leggero scritto in un italiano perfetto ed elegante. Rimane purtuttavia un romanzo da treno che ho letto con grande godimento. P.S. Leggo o rileggo ciò che lei raccomanda, ma I ragazzi della via Pál ho tentato di rileggerlo tempo fa e non ci sono riuscito, forse perché ho 75 anni e ho perso la sensibilità adolescenziale!!!».
SCRIVE LUCIANO TEMPESTINI: «Che emozione, Supremo, il suo articolo su I ragazzi della via Pál, il mio libro più amato dell’infanzia. Poi però non ho mai trovato nessuno che conoscesse il libro per ricordarlo e commentarlo assieme, “hai letto i Ragazzi della via Pál?”, “che via hai detto, scusa?” e un altro “volevi dire via Gluck?”. E me lo sono quindi tenuto in un angolo della memoria con nostalgia, riandando alle battaglie di quei ragazzi fra le cataste di tavole della segheria e al ricordo dell’amato soldato Nemecsek. Sono corso subito a prenotare la nuova edizione Salani. La mia copia dalla copertina color argento e illustrata dopo tredici trasferimenti, fra quelli della famiglia e quelli per la mia professione, con in più un bombardamento che ci ha semidistrutto la casa, se ne era andata chissà dove». Vedo che lei non ha perso la sensibilità adolescenziale. Grazie. P.S. Ma non mi chiami “Supremo”. No, anzi, continui pure.
SILVANO CALZINI: «Grazie per avere ricordato Nemecsek, il soldato semplice della via Pál. Io gli ho riservato un posto speciale nel mio personalissimo pantheon insieme al Frédéric Moreau di L’educazione sentimentale, all’Antoine Doinel dei film di Truffaut, all’Aldino di Tirar mattina di Umberto Simonetta e al carissimo John Marcher di La bestia
nella giungla di Henry James. Per natura non sono portato ad abbracciare gli uomini, ma in questo caso potrei fare un’eccezione. E dunque abbracciamoci».