Corriere della Sera - Sette

BLACK ROCK

La profezia di Gaber sulle donne di oggi

- Di Giusi Fasano

IVANO FOSSATI ricorda Giorgio Gaber: «Una volta andammo a cena dopo un suo concerto e mi disse: io vivo tutte le sere una doppia vita. Esco dal teatro dove la gente si alza in piedi, applaude, mi chiede cinque bis, e poi mi siedo a cena nel ristorante accanto e il ristorator­e mi dice: buonasera signor Gaber. Ma lei canta ancora? È un po’ che non la vediamo da nessuna parte...». È l’aneddoto perfetto per raccontare la differenza fra il pubblico del teatro che lo osannava e tutti gli altri che ricordavan­o il Gaber di prima, quello della tivù. È «per teatralizz­are un po’ i miei concerti», dice Fossati, «che alla fine degli anni Ottanta lo chiamai». Era il primo contatto: «Volevo imparare a stare in scena bene e così andai a casa sua per parlare di questo. Quella prima volta ricordo che sono uscito e ho pensato: che uomo generoso. Uno che aveva il dono raro di parlare chiaro, che non si nascondeva dietro niente, che diceva le cose come stavano e che anche dopo un solo incontro mi è sembrato di conoscere da sempre». Adesso, quindici anni dopo la sua morte, i due vecchi amici si ritrovano fra le note e le parole di Giorgio Gaber – Le donne di ora, album ideato e prodotto da Ivano Fossati che ha raccolto e rimasteriz­zato una serie di classici suonando chitarre e tastiere sulla base ritmica originale e, per dirla con le sue parole, «cercando di creare attorno al signor G il colore musicale ruvido ma accoglient­e di una nuova band». E così ecco lo stile 2018 della lontanissi­ma Ciao ti dirò, che ha sessant’anni di vita, o delle celeberrim­e Porta Romana e La ballata del Cerutti. Veste nuova per quattordic­i vecchie canzoni, più la quindicesi­ma che invece è inedita e ha dato il titolo all’album: Le donne di ora, appunto, scritto da Gaber nel 2002 con l’amico Sandro Luporini e custodito finora dalla Fondazione Gaber. Fossati ne parla cominciand­o col dire che quello «non è un brano scartato. Quando si trova un inedito a distanza di anni – ragiona – molto spesso si arriva a capire il motivo per cui era stato lasciato fuori, e cioè che non funzionava. In questo caso non è così. La canzone è efficace e lui voleva farne il singolo dell’album, ma per vari motivi non era venuta esattament­e come la voleva e quindi è rimasta lì». L’album nel quale quel brano alla fine non fu inserito è Io non mi sento italiano, uscito postumo nel gennaio del 2003. Era di tanti anni prima, invece, quel Chissà dove te ne vai, facciata B di un singolo datato 1969. «Fui agganciato da Gaber con quel brano lì» ripensa Fossati. «Ero un ragazzo, ricordo che comprai il 45 giri solo per il lato B e ce l’ho ancora qui, a casa. Quella era la mia canzone, certo, ma c’è una lista sterminata di brani del repertorio Gaber che posso mettere fra le mie preferite». Dato il titolo del nuovo album la domanda più scontata è: come sono «le donne di ora?» risposta: «Secondo Gaber sono il futuro che inquieta. Io sono forse meno inquietato di lui, mi piace guardare e aspettare questo futuro». L’amico Gaber, il ruolo di produttore, l’inedito, una vita senza più concerti né dischi. È felice questo Fossati? «È la domanda più difficile nello scibile umano – risponde –. Diciamo così: spero che la mia condizione si possa definire felice».

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L’AMICO RITROVATO Ivano Fossati omaggia Giorgio Gaber con un album di brani del Signor G. rimasteriz­zati
 ??  ?? GIUSI FASANO Giornalist­a, dal 1989 racconta per il Corriere della Sera fatti di cronaca, quasi sempre nera
GIUSI FASANO Giornalist­a, dal 1989 racconta per il Corriere della Sera fatti di cronaca, quasi sempre nera

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