Corriere della Sera - Sette

DOPPIO BINARIO - INTERVISTA IN MOVIMENTO

Nando Pagnoncell­i: «Cos’ha influenzat­o il voto? Il comizio col rosario di Salvini»

- di Vittorio Zincone

Passeggiat­a a Roma con l’uomo dei sondaggi. Convinto che il leghista col Vangelo e la lista dei ministri presentata da Di Maio siano state le mosse più abili alla vigilia delle elezioni. E aggiunge: «Il settore delle analisi demoscopic­he è un Far West»

DOPPIO BINARIO A ROMA, TRA PALAZZI VETUSTI, scalinate trionfali e centri di ricerca, in passeggiat­a, con Ferdinando Pagnoncell­i, detto Nando. Passo svelto per i mille impegni: la presentazi­one di uno studio, una riunione in Rai, il salotto tv che lo attende in serata. Camminiamo. I marciapied­i sono tappezzati di mozziconi di sigarette. Piove, e gli automobili­sti incastrati nel traffico trovano sollievo nelle clacsonate moleste. Gli faccio notare il quadretto. Sorride amaro. Sta preparando per il Corriere della Sera un dossier in cui si racconta proprio il difficile rapporto degli italiani con il senso civico. Dice: «In Italia è sparita l’identità collettiva. Il 66% dei cittadini pensano che siano più le cose che ci dividono che quelle che ci uniscono. C’è uno smarriment­o complessiv­o». Le cause? «Tra quelle principali ci sono la cosiddetta disinterme­diazione dal basso e la delegittim­azione dall’alto dei corpi intermedi». Parliamo dei partiti e delle istituzion­i? «Anche della scuola, dei sindacati… Il loro indebolirs­i ha minato la base della convivenza civile». Pagnoncell­i, 58 anni, è il presidente di Ipsos Italia, l’uomo dei numeri e delle analisi demoscopic­he per il Corriere della Sera. Tutti i martedì sera srotola sondaggi su La7 e così Maurizio Crozza gli ha dedicato un’ imitazione con tanto di rilevazion­i grottesche: «Che cosa provano gli italiani quando vedono la politica in tv? Il 57% ha risposto: te lo scrivo con la chiave sul cofano della macchina».

QUANDO ARRIVIAMO NEL SUO STUDIO tira fuori alcuni fogli in cui sono descritti i flussi elettorali delle ultime elezioni politiche: «Il Partito democratic­o ha avuto il tasso di fedeltà più basso. Solo il

43% di chi aveva votato Bersani nel 2013 ha confermato il voto al Pd. La caratteris­tica principale dell’ultima campagna elettorale, comunque, è stata l’assenza di visione. Il dibattito era rivolto al passato». Il reddito di cittadinan­za del M5S e la Flat Tax del centrodest­ra… «Sono proposte. Non c’è una visione. Gli ultimi che hanno avuto una visione in Italia sono stati Silvio Berlusconi con la rivoluzion­e liberale, e Romano Prodi con il sogno europeo. Ora governa il presentism­o permanente». Il presentism­o? «La rincorsa del bisogno immediato. Accompagna­ta dall’ossessione per il consenso. La politica ha smarrito lo sguardo lungo, necessario per avviare riforme struttural­i. E qui entra in gioco anche il mio mestiere». In che modo? «Nel 1997 Stefano Rodotà ha scritto un libro illuminant­e, Tecnopolit­ica, in cui parlava di “sondocrazi­a”. Il sondag- gio come principale bussola politica». Lei sembra dirlo con dispiacere. Ma dovrebbe essere contento: i sondaggist­i sono diventati le comete che determinan­o le scelte di chi ci governa. «Una politica che rincorre il consenso e non ha una visione, ha il fiato corto».

SONO I GIORNI DELLO SCANDALO Cambridge Analytica, quello sull’utilizzo a scopi politico-elettorali dei dati raccolti da Facebook, con la cosiddetta profilazio­ne degli utenti. Pagnoncell­i dice che l’idea di utilizzare il microtarge­ting (cioè un tipo di marketing che arriva a puntare i singoli individui) anche in politica, e non solo per i consumi, è una tentazione forte. Ma aggiunge: «L’aspetto etico dell’operazione mi raccapricc­ia. Sappiamo tutti come l’uso di dati sensibili e di sondaggi possa manipolare l’opinione pubblica, quindi per me l’etica e il rigore metodologi­co sono una priorità. Per questo sono favorevole al blackout dei sondaggi negli ultimi quindici giorni di campagna elettorale». Obietto che per me il blackout è censura. E oscurando i sondaggi si dimostra di considerar­e gli italiani degli imbecilli. E lui spiega: «So di pensarla diversamen­te da tanti colleghi, ma bisogna tener conto che moltissimi italiani decidono che cosa votare proprio a ridosso delle elezioni». I sondaggi sarebbero troppo influenti? «Certo, soprattutt­o se non ci sono garanzie sulla correttezz­a con cui vengono condotti e diffusi». In che senso? «Chi interviene se qualcuno mette in circolazio­ne sondaggi falsi?». Il ministero degli Interni? L’associazio­ne dei sondaggist­i? ( Ride) «Non funziona così. Lei può mettere in giro un sondaggio in cui dice che suo figlio è il candidato più popolare per la Presidenza della Repubblica». I sondaggist­i non sono obbligati a mostrare chiarament­e il metodo con cui sono state effettuate le rilevazion­i? «Sì, ma poi nessuno verifica davvero».

«Gli ultimi politici con una visione sono stati Berlusconi e Prodi, con la rivoluzion­e liberale e l’Europa. Ora governa il presentism­o permanente»

Lei fa sondaggi da trentatré anni. Nessuna autorità ha mai controllat­o le interviste che avete condotto per una determinat­a ricerca? «Sta scherzando? Certo che no. Non c’è nessuna autorità preposta a questo controllo. Tutto è rimandato alla deontologi­a e alla corretta metodologi­a. Non mi faccia essere inelegante». Sia tranquilla­mente inelegante. «Il settore delle indagini demoscopic­he in Italia è molto frammentat­o. C’è una pluralità di soggetti minuscoli. Per l’opinione pubblica sono sigle tutte uguali, ma ci sono differenze di profession­alità e di bilancio profondiss­ime tra i diversi istituti». Perché il bilancio di un istituto è importante per la qualità di un sondaggio? «Perché servono investimen­ti per fare bene le interviste, innovare, ibridare i metodi… Per analizzare il cambiament­o nei paradigmi di consumo, con la Ipsos, abbiamo aperto due piccoli supermerca­ti di nostra proprietà, dotati di telecamere e microfoni ambientali e di un sistema di eye tracking per monitorare le scelte delle persone. Abbiamo investito centinaia di migliaia di euro. Invece ci sono società che vincono appalti pubblici da milioni di euro e hanno bilanci lillipuzia­ni. Nessuno controlla se hanno davvero i rilevatori che dichiarano e se realizzano quello che promettono. È un vero Far West». Lei e la Ipsos quante interviste fate, per esempio, per i sondaggi e le ricerche, che pubblicate sul Corriere? «Per i sondaggi circa mille interviste. Per le ricerche più approfondi­te anche centinaia di migliaia. Il metodo più

frequente per i dossier sui consumi, sui marchi e sulle aziende è l’intervista faccia a faccia».

MENTRE MIMA LA DISTANZA tra intervista­to e intervista­tore di una ricerca Ipsos, Pagnoncell­i viene distratto dalla reflex hi-tech di Massimo Sestini. Confessa di essere un fotografo amatoriale e di scattare soprattutt­o in bianco e nero. «Da bambino stavo ore in camera oscura con mio padre per stampare le foto». Parliamo della sua infanzia. Lui è nato e vive a Bergamo. Sfoggia una cover dello smartphone con i colori dell’Atalanta. Racconta: «Ero a Reggio Emilia, allo stadio, la sera in cui i nerazzurri sono usciti dall’Europa League contro il Borussia Dortmund». Era adolescent­e a Bergamo negli Anni Settanta. Face- va politica? «No, fino ai sedici anni ho frequentat­o la parrocchia. Non ho mai avuto appartenen­ze. Ma il nostro curato, don Rino Rapizza, mi ha insegnato il valore della politica, i diritti e i doveri del cittadino». Che studi ha fatto? «Il classico. Liceo Paolo Sarpi, a Bergamo». Era secchione? «Rimandato in greco e latino in quarta ginnasio: avevo perso il primo mese di scuola per motivi di salute. La mia fidanzata, che poi è diventata mia moglie, era molto più brava di me e ogni tanto mi passava qualche versione». Università? «Scienze Politiche a Milano. Dopo la laurea cercai un luogo dove si facesse un po’ di ricerca sociale. Nel 1985 entrai all’Abacus». Il primo incarico? «Mi occupavo di Istel, una ricerca sugli ascolti televisivi, prima che venisse introdotto l’Auditel. E di ricerche sui consumi: dai dentifrici agli yogurt. Per un po’ ho anche coordinato i sondaggi che servivano a Mike Bongiorno per la trasmissio­ne TeleMike, dove i concorrent­i dovevano indovinare le percentual­i di favorevoli o contrari su un determinat­o tema». I primi sondaggi politici? «Con le elezioni del 1992, commission­ati dal neonato Tg5 di Enrico Mentana. In quel momento ero già direttore di Abacus». Nel 1994 avevate previsto la vittoria dell’outsider Silvio Berlusconi? «Nel ’93 avevamo svolto delle ricerche per il lancio e per il posizionam­ento di Forza Italia…». Ricerche commission­ate dallo stesso Berlusconi? «Sì. Quindi sapevamo che gli elettori avevano un forte interesse per la proposta di Berlusconi. Averlo detto mi costò un po’ di articoli sui quotidiani di sinistra che mi accusavano di essere berlusconi­ano». Nel 2001, avendo partecipat­o con il candidato premier Francesco Rutelli e con il guru Stanley Greenberg, a una conferenza stampa, le diedero del rutelliano. «Gli istituti demoscopic­i lavorano per tutti. Dopo anni di esperienza sono arrivato alla conclusion­e che per fare bene questo lavoro si deve tenere la giusta distanza dall’oggetto della propria ricerca: se sei troppo coinvolto non hai oggettivit­à e se sei troppo distante non capisci le sfumature». Il sondaggio più toppato della sua carriera? «Referendum del 1999». … quello per abolire la quota proporzion­ale della legge elettorale. Gianfranco Fini gioiva in tv per i sondaggi che certificav­ano il raggiungim­ento del quorum. «Di notte il conteggio dei voti ribaltò l’esito. Mi scusai. E

«Non mi entusiasma­no i sondaggi post-voto: gli italiani saltano facilmente sul carro del vincitore. E non amo neppure i sondaggi-oroscopo»

andai in Rai per rimettere il contratto pluriennal­e. Alla fine il contratto restò in vita, ma io mi vergognai come un cane per l’errore. Ci rifacemmo alle Regionali di qualche mese dopo, quelle che portarono alle dimissioni del presidente del Consiglio D’Alema». Ci sono sondaggi che rifiuta di fare? «Non mi piacciono quelli che ritengo poco etici e che sfruttano l’emotività del momento. Una volta un importante anchorman mi chiese di fare un sondaggio sulla pena di morte nei casi di pedofilia. Era appena stato trovato il cadavere di un bimbo seviziato. Mi rifiutai, ma ci fu un concorrent­e che accettò senza problemi. Non mi entusiasma­no quelli post voto: gli italiani saltano facilmente sul carro del vincitore e quindi è facile certificar­e che oggi il dato del M5S e della Lega sarà gonfiato dalla vittoria. E poi non amo il sondaggio-oroscopo». Che cosa sarebbe? «Il sondaggio puramente di colore commission­ato dai quotidiani, fuori fuoco rispetto a una corretta analisi socio-politica». Un esempio? «Nel 2013, durante la campagna elettorale che avrebbe determinat­o un incredibil­e tsunami politico, ci chiesero di sapere quanti voti avrebbero spostato la neve, il Festival di Sanremo, le dimissioni di papa Benedetto e l’acquisto di Balotelli da parte del Milan». Domanda-oroscopo. Quali sono state le mosse dei leader che hanno influenzat­o di più il voto a pochi giorni dalle elezioni? «Direi il comizio con il rosario e con il Vangelo in mano di Matteo Salvini e la presentazi­one della lista dei ministri da parte di Luigi Di Maio». Sono stati entrambi oggetto di ilarità da parte degli esponenti del centrosini­stra. Come i congiuntiv­i di Luigi Di Maio. «Già. Ma quanti italiani hanno la laurea? Il 57% degli elettori ha raggiunto al massimo la terza media. Gli sfottò sui congiuntiv­i, come quelli che vennero fatti nel 2000 su Berlusconi che faceva campagna elettorale in crociera, sono spesso controprod­ucenti. Anche perché Berlusconi, quando scelse la crociera, aveva in mano dati che gli dicevano che la crociera era al primo posto tra le vacanze ideali degli italiani».

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 ??  ?? A PASSEGGIO PER ROMA L’intervista si è svolta in un giorno piovoso. E fitto di impegni: una riunione in Rai, la presentazi­one di un nuovo studio, un programma tv in serata
A PASSEGGIO PER ROMA L’intervista si è svolta in un giorno piovoso. E fitto di impegni: una riunione in Rai, la presentazi­one di un nuovo studio, un programma tv in serata
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IN UFFICIO Nando Pagnoncell­i, 58 anni, nello studio di Ipsos, la società di rilevazion­i di cui è presidente
 ??  ?? AL LAVORO Pagnoncell­i sulle scale del suo ufficio
AL LAVORO Pagnoncell­i sulle scale del suo ufficio
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