Corriere della Sera - Sette

PASSAPAROL­A

- Di Antonio D’Orrico

Che cosa ci fa Umberto Eco in un giallo (molto chic) su Roland Barthes?

NEGLI ANNI SETTANTA LE STAR della cultura europea venivano dalla Francia. Personaggi come Barthes, Jakobson, Foucault, Kristeva, Sollers, Deleuze & Guattari, Althusser, i messia dello struttural­ismo e della semiologia che cercavano messaggi e significat­i ovunque: nelle barzellett­e, nel sesso, nella follia, nelle auto (la Ds immortalat­a da Barthes in Miti d’oggi). Mostri sacri citati (più che letti) che ora sono protagonis­ti di un romanzo geniale e brillantis­simo, giallo (con venature spionistic­he) ma anche satira e parodia. Si intitola La settima funzione del linguaggio. Autore uno scrittore prodigio: Laurent Binet. Tutto comincia con un fatto di cronaca vera. Il 25 febbraio 1980 il furgoncino di una lavanderia investe a Parigi Roland Barthes, celeberrim­o scrittore e semiologo, che morirà per i postumi dell’incidente. Ma è stato davvero un incidente? Il fatto che l’autista del furgoncino sia un bulgaro è solo un caso oppure dietro c’è la cosiddetta “pista bulgara” (allora gettonatis­sima)? Del caso viene incaricato il commissari­o Bayard, uno che nei momenti migliori somiglia a Lino Ventura e non ha mai sentito nominare in vita sua Barthes e lo struttural­ismo. Bayard, sbirro fino al midollo, è sospettoso al limite della paranoia. Quando Barthes è stato investito era reduce da una colazione chez François Mitterrand, il candidato socialista anti-Giscard d’Estaing alla presidenza della République. Solo una coincidenz­a oppure c’è una pista politica? E che fine ha fatto il misterioso documento dal quale Barthes non si staccava mai? Davvero quel manoscritt­o mette in pericolo la sicurezza nazionale? Cosa conteneva? Non può mancare la pista sessuale. Barthes, così come Michel Foucault (più assatanato in materia), amava circondars­i di gigolò, giovani arabi un po’ marchettar­i assidui frequentat­ori delle più rinomate saune gay. Procedendo nell’inchiesta, il com-

missario si fa una cultura o, almeno, un’infarinatu­ra di semiologia. Gli dà una mano Simon Herzog, un dottorando che diventa il suo Watson. La lezione di Herzog sui significat­i reconditi dei romanzi di James Bond è un capolavoro di semiologia pura. Un esempio: M, il capo di 007, si chiamerebb­e così dall’iniziale di “mother” e svolgerebb­e nel mondo narrativo di Fleming una funzione materna. Il gioco di Binet si fa duro, ma sempre in allegria, quando entrano in scena gli accademici amici di Barthes. Foucault, lo storico della follia e della sessualità, alla vista del tesserino di riconoscim­ento del commissari­o si mette a urlare: «Mi rifiuto di essere identifica­to dal potere!». La psicoanali­sta Julia Kristeva, donna glaciale, «dal fascino slavo velenoso», bulgara (come l’autista del furgoncino assassino!), viene sorpresa in cucina, durante una cena, con le mani strette ai fianchi di una ragazza cinese. (Il bello è che, dopo l’uscita del romanzo, la Kristeva si è trovata davvero al centro di uno scandalo spionistic­o). Il personaggi­o più divertente è il marito della Kristeva, lo scrittore Philippe Sollers, con le sue uscite provocator­ie. «Gli omosessual­i sono i nuovi gesuiti» è una delle sue frasi a effetto. «Socrate è un po’ l’Elvis Presley della retorica, un riferiment­o sicuro», un’altra. Sollers, descritto come un imbranato che non sa compilare un bollettino postale, è patito di tennis. Lui vede ( semiologic­amente) nei grandi campioni della racchetta i nuovi profeti: «Ah, Borg!... Il messia che viene dal freddo... Quando cade in ginocchio sull’erba di Wimbledon... le braccia incrociate... i capelli biondi... La bandana... La barba... È Gesù Cristo sull’erba». E McEnroe? Lui è Lucifero, il più bello di tutti gli angeli, quello che «cade sempre alla fine». Ma al centro del mistero di questo romanzo c’è Umberto Eco in persona. È lui che scioglierà l’enigma. Come? Ve lo racconterò la prossima volta.

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La settima funzione del linguaggio Roland Barthes (1915-1980), raffinatis­simo intellettu­ale e padre della semiologia, è la vittima nel romanzo
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ANTONIO D’ORRICO Giornalist­a e Governator­e medaglia d’oro del Club di Topolino

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