SOGNO DI UNA NOTTE DI PRIMAVERA
Le carte d’identità si stanno rimescolando
Destra e sinistra non sono sparite
Se si guarda superficialmente ai programmi dei partiti, il conflitto sembra solo tra cosmopoliti e localisti. In realtà progressisti e liberali cercano di difendere i rispettivi valori: l’eguaglianza sociale da una parte, l’apertura del mercato dall’altra.
È UNA VECCHIA STORIA. Una trentina di anni fa, ai tempi del collasso del comunismo sovietico, la sinistra discuteva di « What is Left » , che vuol dire sia « cos’è la sinistra » , sia « cosa ne è rimasto » . E discussioni simili si sono verificate tutte le volte in cui, per rispondere a forti cambiamenti nella situazione esterna, i partiti di sinistra sono stati indotti a mutare i loro obiettivi politici, spesso dividendosi tra coloro che sostenevano i vecchi obiettivi e quelli che volevano cambiarli. Come Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi oggi, per intenderci. Ma tra mutamento di obiettivi politici e mutamento negli orientamenti di fondo esiste una forte differenza. E se sinistra e destra sono state il principale asse della battaglia politica nei circa duecento anni in cui sono esistiti parlamenti moderni, non bisogna guardare agli obiettivi politici contingenti, che sono più volte mutati sia per la sinistra che per la destra, ma agli orientamenti di fondo.
PER GRAN PARTE DELL’OTTOCENTO la sinistra è stata liberale e la destra tradizionalista e conservatrice. Poi la sinistra è diventata socialista, dividendosi tra riformisti e massimalisti, in seguito trasformatisi in comunisti e avversari della democrazia liberale. E simmetricamente la destra è diventata liberale con forti tratti conservatori, per identificarsi poi, in molti Paesi, con movimenti fascisti e abbandonando anch’essa la democrazia liberale. In questo dopoguerra, si sono sfidate una sinistra socialdemocratica e una destra liberale: negli Stati Uniti, nell’Europa occidentale, in Giappone un capitalismo regolato e un forte sviluppo economico crearono per la prima volta nella storia condizioni di vita favorevoli anche per i ceti meno
abbienti. Dopo di allora, dopo Reagan e Thatcher, il regime economico internazionale ha subito una svolta e ora i più poveri se la passano assai meno bene. Di qui conflitti interni sia alla sinistra che alla destra, tra chi pensa sia necessario adattarsi alla situazione internazionale – sulla quale, isolati, i singoli Paesi europei non hanno influenza – e chi pensa sia necessario ribellarsi ad essa e perseguire obiettivi nazionali più radicali: tra europeisti e anti-europeisti, tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani.
DI QUI ANCHE LA FOLA
che sinistra e destra sono scomparse e che il vero conflitto è oggi tra europeisti e antieuropeisti, tra cosmopoliti e localisti. È vero se si guarda superficialmente ai programmi dei partiti, agli obiettivi politici contingenti. È falso se si guarda agli orientamenti di fondo. Al tentativo della sinistra di governo, anche in condizioni internazionali difficili, di salvare quanto è salvabile dei suoi valori di eguaglianza. E al tentativo della destra liberale e moderata di salvare i propri, di apertura, libertà e concorrenza. Ma la sinistra europeista e moderata resta diversa dalla destra europeista e moderata, e la sinistra antieuropeista e radicale resta diversa dalla destra antieuropeista e radicale. In Italia ciò non si vede con chiarezza. Ma altrove, in Europa e negli Stati Uniti e in modalità nazionali diverse questi sono i termini dello scontro politico oggi. Ceti popolari insofferenti alle condizioni economico-sociali in cui sono precipitati a causa della grande svolta neoliberista e globalizzatrice del capitalismo (e non solo per questo: in Italia ci abbiamo messo del nostro) se la prendono con le élite e con i governi nazionali, dato che la democrazia opera solo a questo livello.
E QUI SI INNESTA
la questione europea. L’Unione è l’unico progetto in grado di fornire una massa critica capace di influire sulle tendenze neoliberiste della globalizzazione, di moderarle alla luce di un progetto sociale europeo. In questa speranza e in questa lotta sta la ragione per cui un partito di sinistra moderno dev’essere filo-europeo. Ma può esserlo solo se non perde le sue radici ideali, se resta fedele ai suoi orientamenti di fondo. Se combatte insieme agli altri partiti che compongono il gruppo del Partito Socialista Europeo.