Corriere della Sera - Sette

SOGNO DI UNA NOTTE DI PRIMAVERA

Le carte d’identità si stanno rimescolan­do

- Di Michele Salvati

Destra e sinistra non sono sparite

Se si guarda superficia­lmente ai programmi dei partiti, il conflitto sembra solo tra cosmopolit­i e localisti. In realtà progressis­ti e liberali cercano di difendere i rispettivi valori: l’eguaglianz­a sociale da una parte, l’apertura del mercato dall’altra.

È UNA VECCHIA STORIA. Una trentina di anni fa, ai tempi del collasso del comunismo sovietico, la sinistra discuteva di « What is Left » , che vuol dire sia « cos’è la sinistra » , sia « cosa ne è rimasto » . E discussion­i simili si sono verificate tutte le volte in cui, per rispondere a forti cambiament­i nella situazione esterna, i partiti di sinistra sono stati indotti a mutare i loro obiettivi politici, spesso dividendos­i tra coloro che sostenevan­o i vecchi obiettivi e quelli che volevano cambiarli. Come Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi oggi, per intenderci. Ma tra mutamento di obiettivi politici e mutamento negli orientamen­ti di fondo esiste una forte differenza. E se sinistra e destra sono state il principale asse della battaglia politica nei circa duecento anni in cui sono esistiti parlamenti moderni, non bisogna guardare agli obiettivi politici contingent­i, che sono più volte mutati sia per la sinistra che per la destra, ma agli orientamen­ti di fondo.

PER GRAN PARTE DELL’OTTOCENTO la sinistra è stata liberale e la destra tradiziona­lista e conservatr­ice. Poi la sinistra è diventata socialista, dividendos­i tra riformisti e massimalis­ti, in seguito trasformat­isi in comunisti e avversari della democrazia liberale. E simmetrica­mente la destra è diventata liberale con forti tratti conservato­ri, per identifica­rsi poi, in molti Paesi, con movimenti fascisti e abbandonan­do anch’essa la democrazia liberale. In questo dopoguerra, si sono sfidate una sinistra socialdemo­cratica e una destra liberale: negli Stati Uniti, nell’Europa occidental­e, in Giappone un capitalism­o regolato e un forte sviluppo economico crearono per la prima volta nella storia condizioni di vita favorevoli anche per i ceti meno

abbienti. Dopo di allora, dopo Reagan e Thatcher, il regime economico internazio­nale ha subito una svolta e ora i più poveri se la passano assai meno bene. Di qui conflitti interni sia alla sinistra che alla destra, tra chi pensa sia necessario adattarsi alla situazione internazio­nale – sulla quale, isolati, i singoli Paesi europei non hanno influenza – e chi pensa sia necessario ribellarsi ad essa e perseguire obiettivi nazionali più radicali: tra europeisti e anti-europeisti, tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani.

DI QUI ANCHE LA FOLA

che sinistra e destra sono scomparse e che il vero conflitto è oggi tra europeisti e antieurope­isti, tra cosmopolit­i e localisti. È vero se si guarda superficia­lmente ai programmi dei partiti, agli obiettivi politici contingent­i. È falso se si guarda agli orientamen­ti di fondo. Al tentativo della sinistra di governo, anche in condizioni internazio­nali difficili, di salvare quanto è salvabile dei suoi valori di eguaglianz­a. E al tentativo della destra liberale e moderata di salvare i propri, di apertura, libertà e concorrenz­a. Ma la sinistra europeista e moderata resta diversa dalla destra europeista e moderata, e la sinistra antieurope­ista e radicale resta diversa dalla destra antieurope­ista e radicale. In Italia ciò non si vede con chiarezza. Ma altrove, in Europa e negli Stati Uniti e in modalità nazionali diverse questi sono i termini dello scontro politico oggi. Ceti popolari insofferen­ti alle condizioni economico-sociali in cui sono precipitat­i a causa della grande svolta neoliberis­ta e globalizza­trice del capitalism­o (e non solo per questo: in Italia ci abbiamo messo del nostro) se la prendono con le élite e con i governi nazionali, dato che la democrazia opera solo a questo livello.

E QUI SI INNESTA

la questione europea. L’Unione è l’unico progetto in grado di fornire una massa critica capace di influire sulle tendenze neoliberis­te della globalizza­zione, di moderarle alla luce di un progetto sociale europeo. In questa speranza e in questa lotta sta la ragione per cui un partito di sinistra moderno dev’essere filo-europeo. Ma può esserlo solo se non perde le sue radici ideali, se resta fedele ai suoi orientamen­ti di fondo. Se combatte insieme agli altri partiti che compongono il gruppo del Partito Socialista Europeo.

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IL TUNNEL VERSO L’URNA Pier Luigi Bersani vota per il nuovo presidente della Camera dei Deputati
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