Corriere della Sera - Sette

10-ZONE – DUELLO D’OPINIONI

- Controvers­ie civilmente sollevate da Rossella Tercatin

Il futuro dell’Ungheria è in Europa?

«Budapest è ben consapevol­e dei benefici che l’appartenen­za all’Unione Europea comporta. Lo stesso Orban non immagina di uscirne», spiega il politologo. «Con un nazionalis­mo così esasperato non si capisce perché gli ungheresi dovrebbero voler restare in Europa», ribatte la scrittrice Sì Antonio Villafranc­a

L’UNGHERIA È UN BENEFICIAR­IO SECCO dell’Unione Europea, riceve cioè più fondi di quanto versi, circa 4,6 miliardi di euro. Secondo i dati di Eurobarome­tro, nel Paese la percentual­e di coloro che guardano positivame­nte alla Ue è del 43%, cinque punti al di sopra dell’Italia e solo due sotto la Germania. La popolazion­e ungherese è consapevol­e del fatto che, come altri Stati dell’Est, ha ricevuto enormi benefici dall’alleanza; lo stesso primo ministro Orban ne critica determinat­i aspetti, ma non immagina di uscirne. Per queste ragioni, è difficile concepire per l’Ungheria un futuro diverso dall’Europa. Allo stesso tempo, i comportame­nti di Budapest stanno mettendo in discussion­e alcuni dei principi fondamenta­li su cui l’Unione si basa. Di fronte all’emergenza migranti, Orban, con una popolazion­e di 10 milioni di persone, si è rifiutato di accogliern­e 1.300, negando il concetto di solidariet­à tra membri. Ancora più allarmanti sono le sue riforme costituzio­nali, il sostegno al concetto di “democrazia illiberale”. Su questo l’Europa non può transigere. Nei prossimi mesi inizierann­o i negoziati per il Quadro finanziari­o pluriennal­e della Ue, che determiner­à il budget per il periodo 2021-2027: spero che per le istituzion­i europee sia un’occasione per far passare il messaggio che quanto sta accadendo non è accettabil­e.

No Edith Bruck

UN PAESE IN UNA SITUAZIONE come quella in cui versa attualment­e l’Ungheria, con un primo ministro come Viktor Orban, non dovrebbe stare in Europa. D’altronde, con un nazionalis­mo esasperato come quello che anche la grande maggioranz­a della popolazion­e ha dimostrato di condivider­e, non si capisce nemmeno perché gli ungheresi stessi nell’Unione Europea dovrebbero volerci restare. Gli ultimi risultati elettorali, con oltre il 70% dei voti ottenuti da partiti vicini a queste idee, mi hanno lasciata sconvolta. La cultura ungherese avrebbe tutti i requisiti per far parte di quella europea, ma è evidente che, nonostante i decenni, intolleran­za, razzismo e antisemiti­smo non sono stati superati. Purtroppo questo tipo di tendenza non è presente solo in Ungheria: mi pare che nazionalis­mo e desiderio dell’uomo forte al comando stiano tornando in tutto il mondo, Italia compresa. A questo si accompagna una grande ignoranza delle nuove generazion­i: guardiamo per esempio a come in tante nazioni dell’Europa dell’Est, Ungheria compresa, si mistifichi la storia, negando le responsabi­lità delle popolazion­i locali nella persecuzio­ne degli ebrei durante la Shoah. Sentire come la gente oggi torni a prendersel­a con i diversi fa rabbrividi­re. Se guardo al futuro non posso che dichiararm­i pessimista: le lezioni del passato non sono state imparate.

Antonino Villafranc­a, 45 anni, è a capo dell’Osservator­io Europa e governance globale all’Istituto per gli Studi di politica internazio­nale. Edith Bruck, 85 anni, è scrittrice e traduttric­e. Nata in Ungheria, ancora bambina sopravviss­e ai campi di sterminio nazisti. All’inizio degli Anni 50 si è trasferita in Italia. Tra i suoi libri più recenti c’è La Rondine sul termosifon­e (La Nave di Teseo)

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