Corriere della Sera - Sette

SCRIVETE PER NOI SETTEBELLO

- di Stefania Miotto contributo giudiziosa­mente scelto da Micol Sarfatti

Da maestrina delle elementari ho vendicato mia madre

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I l migliore della settimana: Stefania Miotto, 52 anni

DA BAMBINA SOGNAVO di fare la giornalist­a, o l’archeologa. Invece, nel giorno del mio ventesimo compleanno, giovane maestrina priva di esperienza, entravo in ruolo nella scuola elementare. Ho iniziato così presto, accantonan­do il progetto di iscrivermi all’università (mi sono comunque laureata alcuni anni più tardi), perché sono figlia di emigranti, e per un emigrante il primo obiettivo è che i propri figli non siano costretti a cercare all’estero un lavoro, e che quel lavoro sia il più possibile sicuro.

NELL’EUFORIA dei rampanti Anni 80, questa scelta poteva sembrare un ripiego, ma con lo sguardo di oggi devo ammettere che i miei genitori avevano visto lontano. Diventare maestra è stato anche il risarcimen­to di un’ingiustizi­a di genere subita alcuni decenni prima da mia madre. Durante la guerra la sua famiglia subì perdite e lutti, che ebbero conseguenz­e negative pure sul suo futuro. Anche se figlia di contadini, mamma era molto brava a scuola e sognava di fare l’insegnante.

VERSO LA FINE DELLA CLASSE QUINTA, la maestra convocò mio nonno per prospettar­gli l’opportunit­à che la figlia proseguiss­e gli studi, ma la risposta fu senza appello. Dopo la morte della mia bisnonna, a casa serviva una donna (anche se di 11 anni!) per badare alla cucina, poiché mia nonna e la primogenit­a lavoravano già da tempo in filanda. Solo la generazion­e successiva, la mia, ha potuto indennizza­re questi torti: mia cugina ed io siamo diventate entrambe insegnanti.

ORA OSSERVO la mia adorata nipotina Linda, mentre legge, scrive e disegna con passione. Le auguro un giorno di trovare un lavoro che non le tarpi le ali in cambio della stabilità economica, che pure è presuppost­o ineludibil­e per un progetto di vita, e di lasciare il nostro meraviglio­so, e talvolta ingrato, Paese solo per scelta, e non per necessità, come hanno dovuto fare i suoi nonni negli Anni 50. E che possa sempre tenere nel cuore e nella mente questa catena di donne (bisnonne, nonne, zie…) che pur rinunciand­o ai propri sogni di bambine non hanno perso la speranza in un futuro senza differenze di genere.

L’INFANZIA È IL RIASSUNTO del nostro destino? Lei, ignara, si immagina alternativ­amente veterinari­a di animali marini, parrucchie­ra, illustratr­ice di libri. Niente può frenare la sua fantasia e i suoi desideri. Che sollievo, in quanto a risarcimen­ti morali, in famiglia abbiamo già estinto il debito!

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