Manuale di conversazione
Si può usare la parola storytelling in questa pagina? È vietato ed è vietato anche essere politicamente corretti
SCRIVE ERNESTO D’ANGELO (da Alcamo): «Silvano Calzini citava l’altra volta Luciano Bianciardi che citava Giancarlo Fusco ritenendolo più bravo di Jack Kerouac. Uno degli amici più stretti di Fusco (insieme a Camilla Cederna e pochi altri) è stato uno scrittore (e giornalista) altrettanto grande. Grande nell’arte del racconto, dello storytelling che via via assume contorni di Letteratura senza volerne assumere toni, pose e pruriti. Parlo di Giovanni Arpino. Lo scoprii a dodici anni grazie ad Azzurro Tenebra, il romanzo sull’Italia eliminata ai Mondiali del 1974. Quel libro fu per me la prima, italica, sbronza in prima persona singolare. Senza voler togliere il mestiere all’immenso Calzini, penso che quel libro fu scritto con la stessa caratteristica che Gianni Brera affibbiava alla straordinaria mezzala granata Adolfo Baloncieri: la nevrile eleganza. Baloncieri, vorrei ricordarlo, fu parte del Trio delle Meraviglie del Torino degli anni Venti, assieme a Julio Libonatti e Gino Rossetti. Due scudetti. Di cui uno (quello dell’annata 1926-27) revocato. Su base indiziaria e non probatoria. Ma l’anno dopo vinsero senza ombre. A me sembra che un altro trio delle meraviglie (anche etiliche) fu quello formato da Fusco, Arpino e Bianciardi». Risposta. In questo colonnino è vietata la parola “storytelling” e derivati, per questa volta passi in onore di Arpino.
LUCA CORSOLINI SCRIVE: «Sono esagerato io o è normale scoprirsi spiazzato, infastidito, leggendo a pagina 13 di
Manhattan Beach di una “cameriera negra”? Mi sembra un brutto errore della traduttrice, pure se ci fosse un riferimento ai valori del tempo. Aspetto il suo giudizio». Risposta. Lei non è esagerato, è peggio: è politicamente corretto e lo è relativamente a un periodo in cui il politicamente corretto nemmeno esisteva. E questo è veramente politicamente scorrettissimo.
SPORTELLO RECLAMI. «È Lelouch non Lelouche. Bye bye Elisabetta Cantarelli». Ho fatto anche peggio. Ho chiamato per due volte Mauro Rostagno Marco.