Corriere della Sera - Sette

Introdurre una tassa sulle bevande zuccherate è una buona idea?

«Le bibite contribuis­cono al consumo eccessivo di zuccheri, alzarne il prezzo può essere utile», spiega il rappresent­ante dell’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità. «Inutile prendersel­a solo con gli zuccheri. Bisogna tassare ogni tipo di cibo per il conte

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Sì Francesco Branca

IL CONSUMO DI ZUCCHERO SEMPLICE per una quantità che supera il 10 per cento dell’energia richiesta ogni giorno provoca obesità e carie. Se consideria­mo un individuo adulto medio, che ha un fabbisogno calorico di circa 2.000 calorie, questa soglia equivale a circa 50 grammi di zucchero; bevendo una lattina di bibita, se ne assumono già fino a 30/35 grammi. Per questo scoraggiar­ne il consumo è importante, consideran­do anche l’elevata accessibil­ità di questi prodotti, che si trovano dappertutt­o, scuole incluse. Un metodo efficace in questo senso è intervenir­e sui prezzi. Abbiamo l’esempio del Messico, che era uno dei Paesi in cui le bevande zuccherate erano più popolari, battendo anche gli Stati Uniti: è stata introdotta una tassa contenuta, un peso per litro, e in pochi mesi i consumi sono diminuiti del 6%, e addirittur­a del 17% tra i ceti meno abbienti. Qualcuno potrebbe considerar­e questo tipo di scelta una misura classista, però io ritengo essenziale ricordare che sono proprio le fasce più povere coloro per cui le patologie associate a un’eccessiva assunzione di zuccheri sono più devastanti. Un altro aspetto importante è cosa gli Stati dovrebbero fare con i proventi di questa imposta; non ripianare i bilanci, ma invece impiegarli per programmi legati alla sanità pubblica, come per esempio offrire l’acqua gratuita nelle scuole. Per queste ragioni, come Organizzaz­ione Mondiale della Sanità riteniamo che tutti i Paesi beneficere­bbero dell’introduzio­ne di una tassa del genere.

No Matteo Maria Galizzi

SE GUARDIAMO AL CASO DELLE SIGARETTE, è stato riscontrat­o come le campagne di educazione dei cittadini sul tema dei danni dovuti al fumo, le scritte di avvertimen­to sui pacchetti, o altre misure simili, non hanno cambiato il comportame­nto dei consumator­i. Ciò che è servito è stato l’aumento dei prezzi, accompagna­to dal divieto nei locali pubblici e, parzialmen­te, l’uso di immagini impression­anti. Per questo, se vogliamo affrontare il problema del cibo spazzatura, ritengo sia corretto l’approccio che non si limita a intervenir­e con campagne informativ­e, ma agisce sul loro costo. Il problema è che tassare solo le bevande zuccherate è un intervento limitato e quindi poco efficace. Nel momento in cui si scelgono solo determinat­i prodotti, l’effetto naturale è quello di un riaggiusta­mento dei consumi verso elementi analoghi non tassati, senza alcuna diminuzion­e degli zuccheri, ma con un semplice passaggio da un cibo all’altro. Esiste anche un provato effetto psicologic­o per cui spesso le persone, se sentono di essere state attente in un settore, sono più propense a lasciarsi andare in un altro («a pranzo ho mangiato insalata quindi mi concedo il dolce»). E poi perché prendere in consideraz­ione solo gli zuccheri e non anche i grassi o i sali? La misura che andrebbe messa in atto è una tassazione che penalizzi ciascun tipo di cibo consideran­do il suo contenuto nutriziona­le complessiv­o. Magari accompagna­ta da “spinte gentili”, come imporre ai fast food di inserire nei menù l’acqua invece della bibita come scelta di default.

Francesco Branca, 59 anni, è direttore generale del Dipartimen­to Nutrizione per la Salute e lo Sviluppo dell’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità. Matteo Maria Galizzi, 44 anni, è docente di Scienze Comportame­ntali alla London School of Economics

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