Corriere della Sera - Sette

Cambio di stagione economica

Calabroni, libellule ed elefanti ci raccontano la condizione dell’economia italiana. I primi rappresent­ano il Paese che torna a risollevar­si, sebbene appesantit­o dal debito pubblico. Le agili libellule simboleggi­ano le piccole e medie imprese italiane (be

- DI ERRUCCIO DE ORTOLI IIULLUSTRA­ZIONI DI ILARIA URBINATI

ilCALABRON­E, LE LIBELLULE E GLI ELEFANTI. Nell’ultimo anno l’economia italiana ha avuto questi sconosciut­i protagonis­ti. Non farà piacere agli esteti della retorica made in Italy paragonare il Paese a un grosso insetto. Ma è così. Il calabrone sembra volare a dispetto delle leggi della fisica. L’Italia rialza la testa sfidando quelle dell’economia. Il corpaccion­e è appesantit­o dal debito, ma le ali della imprendito­ria migliore, anche se piccole, sono vivaci. E di una forza insospetta­bile. Nel 2017 l’economia italiana è cresciuta dell’1,5 per cento, il valore più alto dal 2010. Il saldo della bilancia dei pagamenti è di 50 miliardi di euro. Non abbiamo mai venduto così tanto all’estero come lo scorso anno. L’occupazion­e ha toccato i 23,1 milioni di unità. Un record. Tutto bene, dunque? No. Il calabrone è anche goffo e imperdonab­ilmente vanitoso. Promette a se stesso di ridurre il proprio peso (il debito). Ma non contiene l’appetito. È convinto di essersi messo a dieta (la spending review) da anni. In realtà non è così. Deve ancora pagare per le spese già sostenute. E, infatti, si trova nuovamente di fronte alla necessità di disinnesca­re le clausole di salvaguard­ia sull’Iva.

GUARDANDOS­I poi continuame­nte allo specchio, non si accorge della velocità degli altri. Decisament­e più agili. La Spagna viaggia al ritmo del 3,1 per cento; la Germania del 2,2. Il nostro tasso di disoccupaz­ione è ancora fermo all’11,2 per cento. Ma è soprattutt­o il debito che rimane insopporta­bilmente alto, al 131,8 per cento nel rapporto con il Prodotto interno lordo (Pil). Ogni anno circa 60 miliardi finiscono ai creditori dello Stato (per più del 30 per cento all’estero). Non agli investimen­ti. Quelli pubblici sono calati anche nel 2017. E che cosa accadrà quando non avremo più il sostegno della politica monetaria espansiva della Banca centrale europea?

MARIO DRAGHI lascerà la presidenza nel novembre del prossimo anno. Il calabrone italico è abile a volare nonostante il fardello dei propri vizi finanziari, ma in caso di una nuova tempesta sui mercati – come accadde nel 2011 – sarebbe più esposto di altri. Ha altri difetti: tende a essere guascone. Tanto simpatico quanto infido. Eccelle, è noto, nell’arte di arrangiars­i. “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”. Ma il Paese non può fare come

il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che reclama la cancellazi­one del debito partenopeo. Anche Varoufakis lo chiese per quello greco. L’economia non funziona così. Non ci sono pasti gratis e nemmeno debiti figurativi. Ogni scorciatoi­a ha il suo costo. Lo pagherebbe­ro, salato, le prossime generazion­i.

LA FORTUNA DEL PAESE È UN’ALTRA. Mai come in questi ultimi tempi vi è stato un volo così massiccio di una miriade di libellule. Sono le piccole e medie imprese del made in Italy che hanno conquistat­o la leadership in tanti segmenti di mercato. Dal tessile all’abbigliame­nto alla meccanica di precisione; dall’agroalimen­tare alla farmaceuti­ca; dall’arredament­o alla robotica. Peccato però siano una minoranza. Nei primi due mesi dell’anno l’export italiano è cresciuto del 7 per cento, più di Germania e Francia. Il turismo continua ad andare a gonfie vele. Ma non ci sono grandi operatori nazionali, purtroppo, e i vantaggi spesso finiscono in bilanci di società estere. O scompaiono nell’immenso bacino della contabilit­à in nero sfuggendo al Fisco. La produttivi­tà del sistema italiano nel 2017 è tornata finalmente a crescere seppur di poco (più 0,9 per cento). Il consistent­e gruppo di aziende campioni dell’export ha fatto segnare incrementi cospicui in termini di efficienza e redditivit­à. Grazie a forti investimen­ti in innovazion­e, favoriti anche

dal programma Industria 4.0. Nulla da invidiare ai concorrent­i. Salvo le dimensioni ancora modeste, l’eccessiva dipendenza dal credito bancario, la sovrapposi­zione non sempre virtuosa fra famiglie proprietar­ie e aziende. Dunque, non basta la bellezza cromatica per irrobustir­e le libellule. Anche se quelle italiane, fragili per le ridotte dimensioni, sono geneticame­nte modificate dal carattere coriaceo dell’imprendito­ria nostrana. E sfidano a loro volta le leggi della natura.

IL CALABRONE, NELLA SUA AGILE BRUTTEZZA e le libellule nella loro sostenibil­e bellezza possono anche volteggiar­e lontano dalla savana affollata della politica. Ma per quanto? Se gli elefanti vagano senza trovare una direzione comune (un governo) grandi danni per il momento non ne fanno. L’economia può persino avvantaggi­arsene. La Spagna ha un governo di minoranza dopo due inconclude­nti elezioni. E cresce il doppio di noi. Il pilota automatico segue le orme del Def, il Documento di economia e finanza a legislazio­ne vigente. Così il deficit scende e si avvicina in due anni al pareggio struttural­e. Il politologo americano George Lakoff scrisse anni fa un testo diventato famoso dal titolo Non pensare all’elefante!. Ovvero consigliò ai partiti di non concentrar­si sul proprio avversario, di non porsi solo il problema di come batterlo, bensì di occuparsi delle necessità reali del Paese. Del calabrone troppo appesantit­o e delle libellule, belle ma fragili. Noi all’elefante non possiamo non pensare. La sua assenza ci pone al riparo da movimenti sgraziati (flat tax, reddito di cittadinan­za, troppo costosi). Ma prima l’elefante dovrà riprendere il lungo cammino caricandos­i il peso delle riforme.

Cosa accadrà quando non avremo più il sostegno della politica monetaria espansiva della Bce?

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 ??  ?? PARAGONI ENTOMOLOGI­CI Calabroni (sopra) e libellule (sotto) servono a capire il presente italiano. Nella foto a destra, corazzieri davanti a Palazzo Chigi
PARAGONI ENTOMOLOGI­CI Calabroni (sopra) e libellule (sotto) servono a capire il presente italiano. Nella foto a destra, corazzieri davanti a Palazzo Chigi
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MISTER EURO Il mandato del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi (70 anni) scade il 31 ottobre 2019. Nel 2012, nel mezzo di una tempesta speculativ­a che minacciava la stabilità dell’Eurozona, disse che la Bce era disposta a fare...
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