SCRIVETE PER NOI: SETTEBELLO
Seguiamo le nostre passioni (anche se non sono pratiche)
Ogni giovedì pubblichiamo il miglior testo d’attualità inviato dai lettori a settebello@rcs.it. A fine anno, 7 proporrà una collaborazione all’autore dell’articolo più condiviso dalla nostra pagina Facebook
«WHERE WILL YOUR PASSION TAKE YOU?» , «Dove ti porterà la tua passione?». Una domanda semplice e provocatoria, usata per pubblicizzare un’università svizzera proprio su un inserto del Corriere. Funziona. Mi ha colpita. Tutto sta in quella parola, gettata in faccia a chi legge a caratteri cubitali: passion. La passione è la forza del mondo, è il carburante di cui ognuno di noi ha bisogno per esprimersi al meglio ed essere felice. È sorprendente, e allarmante, leggere sempre più testimonianze di ultratrentenni che raccontano di come all’improvviso abbiano lasciato il posto di lavoro ben retribuito, risultato di un percorso di studi intelligentemente programmato, per iniziare a fare ciò che li appassionava davvero.
TRA I PERSONAGGI che si sono fatti guidare dalla passione c’è Joanne Kathleen Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter. Nel film biografico dedicatole nel 2011 Parole magiche - La storia di J. K. Rowling si racconta di quando, a diciotto anni, dopo aver pensato di iscriversi alla facoltà di Lettere la sua famiglia le disse: «Forse dovresti considerare un altro corso (...) scegli qualcosa di più pratico, qualcosa che ti permetta di guadagnare» . Curiosamente, qualche anno più tardi, dopo essere stata licenziata per l’ennesima volta, le venne detto dal suo capo: «Joanne, dovresti fare quello che ti rende felice». Risposta: «Beh non posso, non è abbastanza pratico». A pensarci ora viene da sorridere. Eppure ogni giorno, a uno studente in procinto di compiere una scelta in ambito accademico o lavorativo, viene consigliato di impegnarsi in qualcosa che gli assicuri di vivere senza pensieri. Anche quando non si tratta di una richiesta esplicita, si innesca una sorta di spirito di adattamento alla situazione lavorativa attuale. È come se la società, tramite messaggi subliminali, ci “condannasse” a preoccuparci della nostra sopravvivenza, piuttosto che della nostra soddisfazione. È ingiusto.
DOVREMMO SMETTERLA di pensare che per noi non ci sia un posto nel mondo per fare ciò che ci viene meglio: suonare, scrivere, insegnare, curare le persone, dirigere un’azienda o giocare a rugby. Non dobbiamo farci scoraggiare da una società che ci prospetta un futuro dove se non si è ingegneri o laureati in Economia non si ha la possibilità di sopravvivere. « Find what you love and let it kill you». « Trova ciò che ti appassiona e lascia che ti uccida», mi ha detto una volta una docente di fonologia inglese. Ha ragione. Scommettere su se stessi e sul proprio futuro è una delle cose più difficili e coraggiose che noi giovani possiamo fare. Ma ne vale la pena.