Corriere della Sera - Sette

Ma il potere italiano è solo vizi e ossessioni?

Il nuovo film di Paolo Sorrentino, Loro, avrebbe potuto raccontarc­i i rapporti tra il potere e la nazione. Nella prima parte ha invece descritto quelli tra un potente e la sua corte. Si può dire? È un peccato

- www.cor riere.it/italians

COME SI RACCONTA IL POTERE? Il cinema, spesso, ricorre al paradosso. Prende un presidente, un primo ministro o una famiglia importante ed esaspera un episodio, un periodo, un lato del carattere, una debolezza. Qualche esempio l’abbiamo messo in copertina, altri sono riportati all’interno. La Jacqueline di Natalie Portman, di fianco a John F. Kennedy, appare come una donna tragicamen­te sola ( Jackie, 2016). Oliver Stone e Anthony Hopkins hanno trasformat­o Richard Nixon in un personaggi­o shakespear­iano ( Gli intrighi del potere, 1995). Margaret Thatcher, nell’interpreta­zione di Meryl Streep ( The Iron Lady, 2011) appare come un donna implacabil­e, anche con se stessa. Vladimir Putin, nella terza stagione di House of Cards (2015) si chiama Petrov e somiglia a un russo cattivo nei primi film di 007. Giulio Andreotti raccontato da Paolo Sorrentino ( Il divo, 2008) è una macchietta diabolica.

HO L’IMPRESSION­E CHE CI RISIAMO. La nuova opera del regista, Loro, è un film spietato, almeno nella prima parte (la seconda esce oggi, e non si capisce bene il senso di questa posologia cinematogr­afica). Il mondo intorno a Silvio Berlusconi, alla fine degli anni Duemila, viene descritto come un ambiente decadente, anzi: marcio. Il sesso come moneta di scambio, la droga come lubrifican­te, la corruzione come metodo. Solo la comparsa del protagonis­ta, dopo un’ora di film, restituisc­e umanità al racconto. Toni Servillo si rivela un grande speleologo, e scende negli anfratti psicologic­i del personaggi­o. Ma non basta (stavolta contesto il nostro spumeggian­te Antonio D’Orrico, che potete leggere da pagina 18 a pagina 25!). PAOLO SORRENTINO, puntando al successo internazio­nale, s’è rifugiato nei luoghi comuni cari agli stranieri? La tesi di Vincenzo Latronico – uno dei più bravi giovani scrittori in circolazio­ne – è affascinan­te (pag. 26 – 29). Ma ricordiamo che lo stesso regista, con La grande bellezza, ha saputo utilizzare alcuni stereotipi italiani – la stanca mondanità romana, il clientelis­mo, la mollezza, il barocchism­o morale del Vaticano (che torna in The Young Pope, 2016) – come un trampolino, arrivando ad altezze ammirevoli. Stavolta, forse per compensare la mancanza d’ispirazion­e, ci ha messo troppa determinaz­ione. Il trampolino si è rotto, e lui è cascato di sotto.

C’È UN COMPIACIME­NTO eccessivo nel raccontare il lato morboso di quel potere italiano. È vero: i comportame­nti di Silvio Berlusconi, tra il 2006 e il 2011, sono stati sconvolgen­ti. Solo la convenienz­a dei clienti e l’adorazione dei fedeli poteva derubricar­li a “vicende private” (il capo di governo di una democrazia non può fare certe cose: punto). Ma la lunga stagione politica dimostra che il personaggi­o possedeva un’impression­ante capacità di leggere la nazione. È vero, non ha mai provato a educarla o elevarla, ha preferito assecondar­la e assolverla. Ecco: questo avrebbe potuto raccontarc­i il film. I rapporti tra il potere e il Paese; non quelli tra un potente e la sua corte.

PECCATO, ANCHE PER SORRENTINO. Da Loro – almeno nella prima parte – manca il ritratto dell’Italia. Il ritrattist­a s’è concentrat­o sui brufoli. Ma quelli, al resto del mondo, quanto interessan­o? Loro ce lo terremo noi, mi sa. Agli stranieri, sempre in cerca di emozioni e consolazio­ni, non credo piacerà molto.

 ??  ?? Sul set di Loro. Il regista Paolo Sorrentino, al centro, con Toni Servillo – Silvio Berlusconi, a destra, e Fabrizio Esposito – Mariano Apicella
Sul set di Loro. Il regista Paolo Sorrentino, al centro, con Toni Servillo – Silvio Berlusconi, a destra, e Fabrizio Esposito – Mariano Apicella

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy