La battaglia contro l’illegalità inizia fuori dalla porta di casa
Cara Lilli, le scrivo a proposito dell’articolo di Teresa Ciabatti su La Lettura e dell’inchiesta su Castelvolturno, che mi hanno letteralmente sconvolta. Sul litorale di questa città, in mano ad un gruppo di nigeriani, si pratica, oltre alla prostituzione imposta, la schiavitù e l’uccisione di donne fatte a pezzi, i cui resti vengono gettati ai cani. Come è possibile che in Italia vengano tollerati questi orribili fatti senza scandali né interventi? C’è inoltre un mercato di bambine arrivate dalla Nigeria e date in pasto alla libidine maschile. Da millenni le donne sono a disposizione degli uomini, schiavizzate, usate, violentate, derise. Purtroppo l’immigrazione da Paesi dove la situazione femminile, e non solo, è rimasta quasi immutata da secoli, non aiuta certo. Temo non solo per il nostro Paese ma anche per l’Europa, minacciata da popoli troppo diversi da noi e che non intendono affatto integrarsi per non rinunciare alla propria identità.
Marlena Dossena lucadox63@yahoo.it CARA MARLENA, penso che l’esempio che tanto la fa indignare sia sbagliato. Non scopriamo oggi che in Italia ci sono intere regioni off limits per lo Stato di diritto. E quello che succede a Castelvolturno ha poco a che fare con la nazionalità degli immigrati che lì si sono installati. L’orrore delle donne anche minorenni ridotte a schiave del sesso, della criminalità organizzata, delle mafie locali di volta in volta alleate o in lotta tra loro per i loro luridi traffici, sono realtà note da anni. Inorridire serve a poco. Ci sono da tempo decine e decine di magistrati coraggiosi e di forze dell’ordine al limite dell’eroico che cercano di contrastare malavita e delinquenza in tutto il Paese. Ma da soli non ce la possono fare. C’è bisogno di un intransigente impegno politico e di una costante mobilitazione popolare per combattere la cultura della corruzione, della violenza e dell’illegalità. La battaglia inizia subito fuori dalla nostra porta di casa, non solo a Castelvolturno. L’integrazione di chi è diverso da noi, un problema reale, è un’altra questione, da trattare magari in un’altra risposta. Cara Lilli, ho letto un articolo che parla di giovanissimi che fanno i sexwebcam-girl/boy. C’è chi lo fa come primo lavoro, chi per esibizionismo, chi per arrotondare e non accetta che si dica che è prostituzione. Non c’è contatto fisico e ognuno è libero di fare quello che sente. Il tariffario è vario e dipende dalle prestazioni e dai minuti in chat per i quali lo spettatore paga. Una delle ragazze intervistate ha detto che non c’è nulla di male perché è tutto virtuale, nulla di fisico. Le chiedo: questi casi rientrano tra i buoni, tra i cattivi o tra i neutrali usi del web? Alessandro Prandi prandialessandro51@gmail.com
CARO ALESSANDRO, se ha bisogno di me per trovare la risposta giusta alla sua domanda – mi scusi – un po’ sciocca, vuol dire che abbiamo un problema. Le consiglio di buttare lo smartphone e trovarsi una ragazza o un ragazzo. Se non ci riesce, forse uno psicanalista potrebbe aiutare.