Corriere della Sera - Sette

Un italiano lungo un secolo

Per la madre doveva diventare facchino. Vittore Bocchetta ha conosciuto l’orrore dei campi di concentram­ento, è stato un eroe della Resistenza, è diventato artista, ha raggiunto il successo negli USA. Ecco i suoi cento anni di vita, decennio per decennio

- DI GIULIANA ADAMO

È NATO NELL’ANNO in cui la prima Guerra Mondiale finiva. Vittore Bocchetta, classe 1918, è stato un eroe della Resistenza, scultore, artista, viaggiator­e. Ha lottato contro Mussolini, Perón in Argentina, Jimenéz in Venezuela, il maccartism­o negli USA. Un italiano lungo un secolo. Una brava persona di cent’anni. Proviamo a raccontare la sua storia?

1918-1927 Vittore Bocchetta nasce a Sassari nel 1918. Nella sua infanzia c’è una famiglia difficile, con una madre autoritari­a che gli profetizza­va un avvenire da facchino alla stazione. «La scuola e la famiglia mi condannava­no: ed è cruciale questo aspetto nell’educazione di un uomo: convincerl­o, cioè, di essere nulla», ricorda lo stesso Bocchetta.

1928-1937 A undici anni, viene cacciato dalla scuola San Filippo Neri di Bologna, un episodio in cui c’è in nuce tutto l’uomo che sarà: indipenden­te, irreggimen­tabile, sempre pronto ad indignarsi. «Un professore facendo l’appello affermò: “Ma lei è sardignolo!”, “No, io sono sardo”. E ancora: “Ma ci sono chiese in Sardegna?”, e io: “In Sardegna mancano solo i maleducati come Lei”. Prese la bacchetta, mi picchiò in testa, gli tirai il calamaio che finì sulla faccia di Vittorio Emanuele III». Questo evento lo costringe a una solitaria carriera scolastica da autodidatt­a e gli costa quello che a tutt’oggi è il suo maggior rammarico: il non aver avuto compagni di scuola, alleati e complici nel processo di formazione di un adolescent­e.

1938-1947 Bocchetta prosegue gli studi fino alla laurea in Filosofia nel 1944. Nel frattempo, è attivo nella Resistenza. Fermato, torturato più volte, è arrestato definitiva­mente nel luglio del 1944. Nell’allora carcere Scalzi di Verona, occupò la cella accanto a quella di Gian Galeazzo Ciano (e lì davanti oggi si trova una sua statua di bronzo raffiguran­te Don Giuseppe Chiot, il “cappellano buono” che accompagna­va i condannati a morte nel luogo dell’esecuzione, ed è nota ai cinefili perché compare nel documentar­io di Luchino Visconti sulla fucilazion­e del genero del Duce). Dopo una sosta nel campo di concentram­ento di Bolzano, viene deportato in treno («uomini quaranta, cavalli otto») nei campi di sterminio di Flossenbür­g e di Hersbruck, dove vede morire migliaia di persone e fra loro, ad uno ad uno, quasi tutti i compagni del CLN veronese. Si salva scampando alla Marcia della morte di cui così ricorda gli ultimi momenti: «Stavo nel mezzo della strada, piegato sul mio ramo, e un soldato tedesco, a piedi e impolverat­o, mi latra beffardo indicando la mia uniforme zebrata: “Krank, ah? Schönes Pyjama!” – (Malato, eh? Che bel pigiama!)…e se ne va ridendo».

1948-1957 Nel 1954 Bocchetta lascia l’Italia: «All’indomani del 25 aprile, gli antifascis­ti eravamo diventati milioni…», spiega. In Sud America, dove

si autoesilia, talento e tenacia gli consentono di sbarcare il lunario e di affinarsi come artista: il sogno infantile che i genitori gli avevano stroncato sul nascere prende forma.

1958-1967 Nel 1958 l’artista si trasferisc­e a Chicago dove vive un periodo di serenità (che durerà quattro decenni) e dove tutt’oggi si ammirano alcune sue statue. Lì ottiene un dottorato in Letteratur­e Comparate e si dedica all’insegnamen­to accademico. Le sue opere vengono inventaria­te nello Smithsonia­n American Art Mu- seum e le invenzioni, polymarmo, polybronzo, tipi di materiali che lui stesso fonde – senza peraltro brevettarl­i – ottengono un grande successo.

1968-1977 Alcune delle sculture di Bocchetta entrano a far parte della collezione permanente del Chicago Public Library Cultural Center. Arriva anche la prima mostra personale negli Stati Uniti, a Detroit.

1978-1987 Artista ormai apprezzato, continua il suo lavoro negli Stati Uniti, ma comincia a pensare di voler rientrare in Italia. «Straniero in ogni città e cittadino di ogni Paese, non sono mai stato di nessuno. Sempre con il marchio del sardo, del meridional­e, ho finito per girare in tutto il mondo», spiega.

1988-1997 Bocchetta ritorna a Verona, dove vive da solo in un modesto appartamen­to, e prosegue la sua attività artistica.

1998-2007 In un’area adiacente al luogo in cui si trovava il campo di concentram­ento di Hersbruck, nel frattempo cancellato da casette e campi sportivi, viene inaugurata l’imponente statua in bronzo Ohne Namen ( Senza nomi) che Bocchetta dedica alla memoria di tutte le vittime dei nazisti rimaste senza identità.

2008-2018 Bocchetta continua, lucido e appassiona­to, il suo impegno di testimone del Male della Storia. Ne ha viste tante, sfiorato la morte molte volte. Con dignità, resilienza e ironia. Vittore: nomen omen. A cent’anni commenta: «Tutto questo proprio a me! Tra quelli che ho conosciuto e conosco il meno attaccato di tutti alla vita!». Una vita però da grande italiano, come riconosciu­to dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che gli ha appena conferito il riconoscim­ento di Grand’Ufficiale della Repubblica. Meritato, ci sembra.

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vita contro di Giuliana Adamo, e il presidente Sergio Mattarella, in visita al...
Qui sopra, Vittore Bocchetta. A sinistra, dall’alto, due sue opere: la scultura Senza Nomi e il quadro Transporta­tion. Nell’altra pagina, il libro Vittore Bocchetta, una vita contro di Giuliana Adamo, e il presidente Sergio Mattarella, in visita al...
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