MACCHINE DEL TEMPO
Enrico Vanzina: «Al Piper con la Giulia di papà»
IL RAPPORTO CON LE AUTO per Enrico Vanzina è stato precoce. Forse troppo, e quindi tormentato, come succede con tutte le passioni. «A 16 anni avevo già un po’ di confidenza con la guida. Mio papà mi aveva insegnato a tenere il volante». Una sera del 1965, con un amico, non riuscì a resistere alla tentazione di prendere “in prestito” la Giulia (intesa come auto) del padre per andare con quella all’inaugurazione del Piper, locale romano destinato a entrare nella storia. Dietro una curva, grazie a una guida non impeccabile, bocciarono per bene l’auto di un avvocato. I danni non erano disastrosi, l’evento poteva diventarlo. «Per fortuna era un signore simpatico e capì che la mia rovina era nelle sue mani. Accettò la mia proposta di rimborsargli a rate il danno e non dire nulla a nessuno. Amici meccanici sistemarono l’auto di mio papà e io salvai la pelle». La padronanza vera della guida arrivò qualche anno dopo, grazie a Luca Cordero di Montezemolo, grande amico, allora pilota di rally. «Durante i tanti viaggi fatti insieme, con la sua Fulvia HS, ho imparato molte cose». Insomma a guidare bene, anche se correre non è mai stato nelle sue corde, come ha verificato una volta a Fiorano girando in pista con una Ferrari Testarossa e uscendo alla prima curva. Ha sempre invece amato i viaggi. Lunghi, spesso avventurosi e notturni. Per esempio fino in Finlandia, alla fine degli Anni 60, con una Giulietta Sprint d’epoca, con Claudio Risi (figlio di Dino). «Quando arrivavamo nei villaggi, ci applaudivano». Come regalo di laurea, nel 1970, si fece regalare i soldi per noleggiare una vecchia Mustang e fece il suo coast to coast. L’anno dopo, insieme a un gruppo di amici, diretto a Berna per un Svizzera-Italia, restò in panne sulle Alpi, con un camioncino d’epoca. Storie da cinema.