Corriere della Sera - Sette

LA LEGA ALLA CONQUISTA DELL'EMILIA

La via Emilia ha cambiato colore politico. Ieri terra rossa, oggi avamposto leghista, tra sindaci anti-immigrazio­ne, comuni terremotat­i e crisi dei progressis­ti. Il cambiament­o sembra radicale, ma qualcuno del Pd spera ancora che sia solo un vento passegg

- DI MICOL SARFATTI FOTO DI ROBERTO CACCURI

CAMPI DI GRANO E PAPAVERI, balle di fieno e filari di pioppi. Orizzonti tagliati all’improvviso dalle colline. Pianure e fiumi. Cartelloni che annunciano festival del liscio, serate revival, sagre della salsiccia e pubblicità ammiccanti di pellicceri­e. Madonnine votive e insegne di locali per strip tease. Ferrari, Lamborghin­i e trattori. Emilia Felix, aperta e sociale. Un po’ «paranoica», cantava il gruppo CCCP. La via Emilia, la strada che corre da Piacenza a Rimini, arteria dell’Emilia Romagna, è un luogo dalle anime molteplici. Umane, produttive, sociali. E politiche. Da qui passa l’avanzata della Lega. Il partito di Matteo Salvini ha fatto breccia anche nelle roccaforti della sinistra, conquistan­do comuni e elettori. Ha attraversa­to la regione, ponte tra Nord e Centro, per arrivare fino alle Marche e all’Umbria. I primi successi del Carroccio in Emilia risalgono agli Anni 90, quando Umberto Bossi si batteva per il federalism­o e gli interessi della Padania. Poi il netto calo di consensi alle elezioni del 2013, dopo gli scandali dei rimborsi e dei diamanti del tesoriere France-

sco Belsito. Quindi la risalita dal 2016, sulla scia degli umori nazionali: populismo, sovranismo e sentimenti anti immigrazio­ne. La crisi economica si è fatta sentire anche in questa pianura punteggiat­a di piccole e medie imprese. Dall’agroalimen­tare alle ceramiche, dalla biomedicin­a all’impiantist­ica. Voglia di cambiament­o e malcontent­o. Sono il punto di partenza di una rivoluzion­e verde-blu in terre rosse o un vento passeggero?

IL VIAGGIO NEGLI AVAMPOSTI leghisti emiliani comincia da Piacenza, città di confine, con influenze lombarde. Oggi il sindaco, il primo donna, è Patrizia Barbieri, avvocato, cremonese di nascita, eletta con una lista di centrodest­ra nel 2017, dopo 15 anni di giunte di centrosini­stra. Un cambio di rotta motivato, secondo lei, dalla crisi di un sistema politico che per anni ha imperato in queste zone: «La gente era stufa dei gruppi autorefere­nziali della sinistra. Oggi ci vogliono risposte concrete, i cittadini devono tornare a essere protagonis­ti». A Porta Galera incontro Laura Losi, 34 anni, commessa, una figlia di 2 anni. Suo padre, ex operaio in un’azienda di conserve di pomodoro della zona, «è comunista da tutta la vita, pure adesso che il comunismo non c’è più». Lei ha sempre votato a sinistra, ma alle ultime elezioni, folgorata sulla via di Pontida, ha scelto Matteo Salvini. «Mi piace. Dice le cose come stanno. Se poi non funziona nemmeno lui andiamo a farci benedire. Ma qui a Piacenza i suoi stanno facendo bene» Un po’ più a sud, nella zona del parmense, ci sono quattro comuni leghisti: Varano Melegari, Fontevivo, Busseto e Traverseto­lo. Arrivo in quest’ultimo paese, 9.400 abitanti, in una giornata afosa all’ora di pranzo, «l’Ave Maria del cucchiaio», come dicono qui. La strada principale è un’alternanza graziosa di portici e case colorate, che corrono verso la piazza del Municipio, dove mi accoglie Simone Dall’Orto, 47 anni. «Sono stato eletto nel 2016, dopo 23 anni di sindaci di sinistra», racconta. «Ero in consiglio comunale all’opposizion­e dal 2001. Nel 2008 mi sono iscritto alla Lega. Ci sono rimasto anche quando è scesa al 3% e mi prendevo i nomi ( gli insulti, ndr) per strada. Oggi però sono il sindaco di tutti». Nelle parole di Dall’Orto, occhi azzurrissi­mi, jeans e polo, cover del telefonino con lo stemma del suo Co-

mune, si scorge molto lessico salviniano: la politica da fare «in mezzo alla gente e non nei palazzi», il «cellulare che mi pago io, così come la benzina dei viaggi di lavoro», «il legame con il territorio». Anche i cavalli di battaglia sono quelli del leader leghista. Uno su tutti: la sicurezza. Simone Dall’Orto racconta il lavoro delle locali forze dell’ordine e le sue misure contro la criminalit­à e il degrado. Telecamere, comitati di controllo dei quartieri e appostamen­ti gestiti direttamen­te da lui, armato di smartphone. «Filmo tutto e denuncio se qualche cosa non va». Dalla finestra entra un po’ di brezza. Il rintocco del campanile rompe il silenzio delle strade deserte. In quello scorcio di calma provincial­e viene difficile immaginare disordini. Faccio notare a Dall’Orto che potrebbe essere uno di quelli che i media definiscon­o «sindaci sceriffo». Annuisce con un sorriso e ribatte: «Tanti elettori, anche di sinistra, mi hanno votato perché sono un garante di sicurezza. Traverseto­lo ha attraversa­to anni difficili, in cui sono aumentati furti e atti vandalici». Il primo cittadino sembra davvero apprezzato. Mentre camminiamo per le vie del paese tutti lo salutano. Una ragazza albanese lo ringrazia per aver chiuso «la finta associazio­ne culturale di un gruppo di islamici». Una signora ammette di non averlo votato: «Ma oggi sono contenta. Lavora bene». La titolare di un bar spiega: «Prima per essere ascoltati qui dovevi fare parte del club. Essere amica di chi comandava. Con Simone è diverso». Anche per Dall’Orto l’avanzata leghista in Emilia è stata favorita da una disaffezio­ne per il Sistema Sinistra: «In questi territori, per anni, se volevi lavorare e essere tutelato dovevi schierarti dalla loro parte politica e sindacale. Ma ormai pensano solo a garantire gli immigrati e non agli italiani». Vicino alla chiesa incontro Dima Vibranovsk­i, operaio moldavo di 30 anni, a Traverseto­lo da quando ne

«IN QUESTI TERRITORI, PER ANNI, SE VOLEVI LAVORARE E ESSERE TUTELATO DOVEVI SCHIERARTI A SINISTRA. MA ORMAI LORO PENSANO SOLO A GARANTIRE GLI IMMIGRATI E NON GLI ITALIANI»

aveva 14. Al polso ha un braccialet­to di plastica bianco con la scritta blu “Salvini Premier”. «Sono leghista, militante e iscritto al partito. Ho frequentat­o anche la Scuola di formazione politica di Matteo Salvini», aggiunge con orgoglio. Dice di essersi avvicinato alla Lega dopo aver seguito la politica su internet. Non ha ancora la cittadinan­za italiana, ma può votare alle elezioni comunali. «Non è vero che il mio partito è contro gli stranieri», incalza, «è contrario a quelli che non vogliono lavorare. Io lavoro e mi sento rappresent­ato dalla Lega». Prosegue Dall’Orto: «Io mica ce l’ho con gli stranieri, ma non capisco il senso di accogliere migranti che non possono – o non vogliono– lavorare e poi cedono allo spaccio e alla criminalit­à».

LA LINEA DURA SULL’ IMMIGRAZIO­NE arriva anche a Busseto, meno di 7.000 abitanti, borgo natio di Giuseppe Verdi e in cui visse lo scrittore Giovannino Guareschi. Qui il sindaco è il leghista Giancarlo Contini, eletto dopo 19 anni di Sinistra. Veterinari­o dalla barba bianca e dalla tipica “r” arrotata parmigiana, istrionico, alterna frasi in latino a detti in dialetto emiliano. Pure lui si fa punto di onore di essere «un sindaco della

gente». Dichiara di aver a cuore soprattutt­o la cultura, «ma Verdi e Guareschi sanno combattere da soli». Si commuove mentre dei turisti cantano il Va’ Pensiero, «e non perché è stato un inno leghista», poi rivendica: «Quando al colloquio con la Prefettura ci hanno chiesto come avremmo potuto accogliere i migranti, ho risposto “Voi avete idea di come farli uscire?”. Non sono i cittadini a dover pagare gli errori di politica estera. Ho allontanat­o i Rom che bivaccavan­o e risolto i problemi con la comunità indiana locale, oggi siamo in ottimi rapporti. Loro sono qui per lavorare». In paese applaudono. LA CAVALCATA DELLA LEGA corre fino a Modena e Ferrara. Ma in mezzo c’è Reggio Emilia, fortezza della sinistra locale. In questa provincia il Carroccio non ha conquistat­o nemmeno un comune. Per ora. «Il nostro antidoto all’avanzata populista è la società aperta, l’idea di comunità», spiega il sindaco Pd di Reggio Luca Vecchi. «Investiamo in innovazion­e, cultura e servizi. Il Partito Democratic­o deve riflettere sui suoi errori, ma credo che qui ci sia un genius loci. Questa è una terra antropolog­icamente di sinistra, con valori sociali forti. La Lega crescerà, ma non sfonderà». Più critico Alessio Mammi, 38 anni. Dal 2009 è il sindaco Pd di Scandiano, 25.600 abitanti nel Reggiano. «La sinistra ha sottovalut­ato temi importanti, come la sicurezza. La crisi ha cambiato il sistema di valori, soprattutt­o nelle piccole comunità. La percezione dei cittadini oggi è diversa», spiega. «Il modello di welfare emiliano è germogliat­o negli Anni 60 e 70 perché i comuni avevano più autonomia. Ora non è più così».

UNA DELLE ULTIME conquiste della Lega nella Bassa, andando da Nord a Sud, è Finale Emilia, provincia di Modena. A pochi chilometri dall’epicentro del terremoto 2012. La sua Torre dei Modenesi sbriciolat­a dalle scosse è uno dei simboli del sisma, le cui ferite sono ben visibili nel centro storico. Il municipio di via Verdi è ancora inagibile. Incontro il sindaco Sandro Palazzi nella sede provvisori­a di via Monte Grappa. Palazzi, camicia bianca e sorriso timido, è stato eletto nel 2016, con il 63% delle preferenze al ballottagg­io, dopo 70 anni di egemonia della Sinistra. In questo stesso comune la Lega ha preso il 30% dei voti alle elezioni dello scorso 4 marzo. Il Movimento Cinque stelle il 24% e il Pd il 19%. «Quando ho vinto ero uno dei pochi sindaci leghisti della zona, i colleghi mi guardavano male», ricorda. «La verità è che qui è stato spazzato via un vecchio sistema, complici anche gli scandali legati alla ricostruzi­one post–sisma. E la narrativa eroica di partigiani e anti fascisti si è indebolita». Palazzi non è iscritto alla Lega, il suo primo interesse politico è stato per la Democrazia Cristiana. È cattolico praticante. Si dice scettico sul governo Lega M5S, «ma almeno rompe equilibri stratifica­ti». A Finale gli immigrati sono il 13% della popolazion­e. Ci sono tunisini, rumeni, magrebini. E una nutrita co-

«IN EMILIA C’È UN GENIUS LOCI. QUESTA È UNA TERRA ANTROPOLOG­ICAMENTE DI SINISTRA, CON VALORI SOCIALI FORTI. LA LEGA CRESCERÀ, MA NON SFONDERÀ»

munità cinese. Molti di loro gestiscono bar, come il Ten Ten di Yang Lixia. Al bancone lavora una ragazza bielorussa. Ai tavoli siedono solo uomini emiliani over 60. Il lambrusco scorre a fiumi anche alle tre del pomeriggio. Si gioca a carte e si commenta il nuovo governo. Il ministro del Lavoro Di Maio non raccoglie molti consensi. Il ministro dell’Interno Salvini, invece, sì. «L’80% dei residenti di Finale ha un sentimento anti immigrazio­ne», commenta Palazzi, «l’assegnazio­ne dei profughi da parte della Prefettura è stata vista come un ingiustizi­a in un comune terremotat­o».

SALUTO IL SINDACO e riprendo la strada per Milano. Attraverso le campagne, scorrono cascine, vigneti, vendite all’ingrosso di «albicocche, meloni, prosciutto e prodotti tipici emiliani». Ai semafori affianco donne velate con i bambini per mano e ragazzi di colore in bicicletta. Il sole sta tramontand­o, sembra un tuorlo d’uovo appoggiato sulla pianura. Incrocio un cartellone della Cgil, qualcuno, probabilme­nte anni fa, lo ha ricoperto di adesivi con la scritta «Padania Libera». Ripenso a un commento del sindaco Mammi di Scandiano. «L’ideologia è finita e l’Emilia è contendibi­le come qualunque altra regione. La sinistra non può più vivere di rendita».

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