Quella formidabile Officina parmigiana
Caro Severgnini, scopro (dal 7 del 5 aprile) che Aldo Borlenghi è stato suo zio. Borlenghi era un caro amico di giovinezza del nonno Carlo Mattioli e faceva parte con lui di quella Officina parmigiana (per dirla con Pasolini e Longhi) che animò come un lampo nella notte la vita culturale cittadina. Facevano parte del gruppo Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Oreste Macrì, Pietro Bianchi, Ugo Guanda (cui il nonno prestò la sua collaborazione agli albori della casa editrice con grafiche e copertine memorabili) e molti altri ancora. Nei cupi anni di guerra quei giovani intellettuali ascoltavano clandestinamente, in un locale preso in affitto dal nonno, le poesie di García Lorca recitate da lui medesimo e quelle di Machado su dischi fatti arrivare dalla Spagna (da Macrì); esponevano Morandi e De Pisis, iniziavano turbinosamente la loro carriera artistica, scoprivano la critica cinematografica e scrivevano nuove imprescindibili pagine della lirica italiana. Hanno anche salvato dai bombardamenti i capolavori della Pinacoteca nascondendoli nelle segrete del Castello di Torrechiara, alle porte di Parma. Il nonno ritraeva i suoi compagni di avventura durante i quotidiane ritrovi al caffè, quando quei giovani ardimentosi provavano a cambiare il corso della cultura italiana. Per lui disegnare era come respirare. Lo faceva ovunque. Sono famosi i suoi ritratti degli anni Sessanta e Settanta, quelli dedicati a Manzù, Longhi, Carrà e De Chirico, ma negli Anni Quaranta aveva ritratto anche l’amico Aldo Borlenghi. Guardi
che bello!
Anna Zaniboni Mattioli
Che bel pensiero e che magnifico regalo! Il fiorentino Aldo Borlenghi (1913–1976) era uno zio acquisito: aveva sposato la cremasca Franca Severgnini (1915– 1990). Come ho scritto, i suoi libri di versi sono stati le fondamenta su cui abbiamo costruito lo spazio “Ufficio poesie smarrite”. Ricevere in redazione quel ritratto di Carlo Mattioli è stato commovente. Grazie.
(bsev)