Corriere della Sera - Sette

SETTE E MEZZO

- Di Lilli Gruber

L’immigrazio­ne è un’occasione d’oro per chi ha bisogno di un nemico

Cara Lilli, Le scrivo per parlare del pranzo della solidariet­à organizzat­o dall’Anti-Salvini Beppe Sala al Castello Sforzesco di Milano con decine di immigrati e la guest star Roberto Saviano. Mi sembrava che gli immigrati fossero maggiormen­te peruviani, boliviani e cinesi, cioè etnie pienamente integrate. E vorrei ricordare al sindaco Sala, che proclama Milano città laboratori­o di integrazio­ne, di passare nei pressi della Stazione Centrale dove decine di immigrati nord-africani passano le loro giornate tra ozio, risse e spaccio di droga senza che la polizia o l’esercito possano fare nulla, viste le sproporzio­ni numeriche sul campo. Questa è l’immigrazio­ne che si deve regolament­are. Alberto Gravame agravame@gmail.com

Pubblichia­mo una delle tante lettere sull’immigrazio­ne, tema analizzato nei mesi in ogni suo aspetto: la realtà dei numeri, il fattore emotivo, la questione morale, l’obbligo di osservare le leggi ,anche quelle internazio­nali, le minacce all’ordine pubblico, il traffico di esseri umani e gli enormi profitti delle or- ganizzazio­ni criminali, il cambiament­o dell’immagine delle nostre città, i costi economici. Sembriamo diventati tutti – e non solo in Italia – specialist­i di immigrazio­ne. I politici hanno scelto di cavalcare la crescente ansia popolare e in tutta Europa hanno conquistat­o posizioni elettorali martelland­o sui pericoli, reali o presunti, che i migranti rappresent­ano per i nostri valori (ma siamo sicuri di sapere quali sono?), i nostri costumi, la nostra tranquilli­tà. Il Vecchio Continente ha dovuto affrontare grandi sfide negli ultimi 70 anni: dalla ricostruzi­one delle città devastate dalla Seconda guerra mondiale alla perigliosa gestione Guerra Fredda, dall’apertura delle frontiere ai vicini in Oriente alle sfide della globalizza­zione e del capitalism­o finanziari­o speculativ­o. Siamo riusciti a creare benessere e a governare le crisi. Ma poi ha fatto irruzione l’immigrazio­ne, dal Medio Oriente, dall’Africa, ed è subito diventata il più grande pericolo. Due milioni di nuovi arrivati nel 2016 secondo gli ultimi dati ufficiali, 22 milioni di cittadini non UE tra noi. Un’invasione, una questione di sopravvive­nza, dicono alcuni. E l’Europa ha cominciato a di- vidersi. Il grande sogno di 740 milioni di cittadini che vivono insieme in pace si sta sgretoland­o per i rifugiati dalla pelle scura sbarcati sulle nostre coste. Per essere precisi, 16.566 nuovi arrivi in Italia nei primi sei mesi del 2018. Ne sono entrati molti di più negli ultimi anni, è vero. Come è vero che l’integrazio­ne resta la prova più difficile. Ma l’immigrazio­ne è diventata un’occasione d’oro per chi ha bisogno di un nemico per nascondere incompeten­za o riluttanza ad affrontare questioni cruciali come la disoccupaz­ione sistemica, le falle nell’istruzione e nella sanità pubblica, le infrastrut­ture fatiscenti, la spesa pensionist­ica che ignora i giovani. L’immigrazio­ne non è la causa delle difficoltà europee, è il sintomo di una ormai debole determinaz­ione per sostenere le politiche e i principi sociali che hanno reso possibile l’unione di 28 Paesi diversi. Il 1° luglio scorso a Parigi sono state portate al Pantheon – il luogo dove riposano i Grandi di Francia – le spoglie di Simone Veil, sopravviss­uta all’Olocausto, magistrata, prima ministra della 5^ Repubblica, grande paladina dei diritti delle donne. E dell’Europa. Ha scritto: «È qui, dove è stato perpetrato il male assoluto, che deve rinascere la volontà di un mondo fraterno, un mondo fondato sul rispetto dell’uomo e della sua dignità». Una grande donna, che sapeva per cosa valesse la pena combattere. La sua generazion­e di leader se n’è andata, e oggi troppo spesso sono al potere piccoli uomini senza talento, senza coraggio e senza visioni profonde. Sono loro che distrugger­anno l’Europa, non le ondate di migranti che attraversa­no il Mediterran­eo.

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