MANO LIBERA
La Sicilia dell’eterno presente non rispetta passato e futuro
MA LA SICILIA ce l’ha, un futuro? Che abbia un passato è straordinario e fuori discussione: basti via via ricordare i graffiti paleolitici alle grotte dell’Addaura, le rovine fenicie di Mozia, i templi greci di Agrigento, la Villa romana a Piazza Armerina, la Cuba bizantina di Santa Domenica a Castiglione, la chiesa di san Giovanni degli Eremiti che ricorda architetture islamiche, la Cappella Palatina a Palazzo dei Normanni, la spagnoleggiante Porta Uzeda a Catania, la Casina Cinese lasciata dai Savoia… Nessuno ha i ricordi del passato della Sicilia. Ma il futuro? Certo, a leggere l’ultimo rapporto della Banca d’Italia di un paio di settimane fa, dove si dice che i nuclei familiari nei quali nessuno dei componenti, padre, madre, figli ha un lavoro rappresentano il 29,8% cioè un terzo del totale e «sono il doppio rispetto al resto d’Italia», è difficile parlare di «futuro». Men che meno se l’unica prospettiva fosse il sognato «reddito di cittadinanza». Un futuro senza futuro. Al proposito, meritano una riflessione le parole di Leoluca Orlando per il libro di Alterazioni Video e Fosbury Architecture Incompiuto. Dove il sindaco di Palermo, che anche i nemici riconoscono essere uomo di buone letture, scrive parlando delle opere incompiute siciliane: «Noi siamo in una terra nella quale la lingua di riferimento, il dialetto di riferimento non conosce il tempo futuro, la Sicilia non conosce il futuro. Noi diciamo: “Io tra un anno vado a Roma”. Non “io andrò a Roma” ma “io vado a Roma”: non c’è il verbo futuro nel dialetto siciliano. E questo significa che questa terra ha vissuto con una grande maledizione, quella dell’eterno presente, senza memoria del passato, senza speranza di futuro». «Quindi anche le opere pubbliche», insiste, «si facevano alla giornata. Come fai ad avere l’idea del valore etico dell’opera compiuta se nella lingua con cui parli non hai la forma verbale del futuro, e quindi tutto è legato al qui e ora? Se io vivo di eterno presente, non ho memoria del passato, non ho speranza di futuro. Se io vivo di eterno presente, una piccola sconfitta diventa la morte, una piccola vittoria diventa il trionfo. Se invece ho rispetto del tempo, posso anche immaginare che la sconfitta di oggi possa essere la premessa per la vittoria di domani. Chi vive l’eterno presente lascia le opere incompiute. Chi vive l’eterno presente diventa incoerente, perché pur di non morire, pur di non perdere si consegna al vincitore».
UNA VISIONE CUPA. Pessimista: «In questa terra di Sicilia la vera corruzione non si fa costruendo le opere, si fa progettando. I progettisti sono diventati i mega collettori di tangenti». Progetti senza futuro: «Io credo che il cammino della Sicilia dal dopoguerra in poi sia stato un cammino di condanna all’eterno presente, di condanna alle opere rimaste incompiute: come fai ad avere un progetto se non hai rispetto del tempo?» E come puoi avere un futuro se non rispetti il passato?