CRITICO ROTANTE
Nel cuore dell’Emilia i tortellini sono solo in brodo
C’È UN PUNTO PRECISO nella cartina dell’Emilia Romagna dove le province di Ferrara, Modena e Bologna si toccano. Esattamente in quel punto si trova una vecchia cascina. Abbandonata per decenni, una ventina d’anni fa è stata ristrutturata e poi trasformata in ristorante. Ampio giardino, mattoni a vista. Sotto le volte della stalla adesso i camerieri si aggirano sorridenti tra i tavoli, cravatta e gilet. Precisato che in qualunque ristorante entri, da queste parti, cadi bene, quale sarebbe il motivo per inoltrarsi in questo pezzo di Emilia fuori dai percorsi turistici, in questa pianura tagliata a quadri da strade che si srotolano come la rondella della ‘rzdora sulla sfoglia fresca? Beh, un motivo c’è. Qui val la pena venire per mangiare i tortellini. Quelli veri, fatti come una volta. E anche i tortelli di zucca. La verità è che gli emiliani della campagna, quelli che hanno ancora una nonna a casa che sa tirar di mattarello, i tortellini al ristorante non li mangiano nemmeno per scherzo: sarebbero una delusione. Fanno eccezione pochi locali e Le Quattro Stagioni è uno di questi.
OVVIAMENTE ANCHE GLI ALTRI PIATTI sono all’altezza di un ottimo ristorante emiliano. Come del resto l’accoglienza. In sala c’è Luigi, una garanzia: discreto con le coppie clandestine che passano all’ora di pranzo nei giorni feriali; sempre con la battuta pronta con le comitive in libera uscita nel fine settimana. Si diceva dei tortellini. Forse non sarebbe nemmeno il caso di specificarlo, ma nel dubbio: solo ed esclusivamente in brodo. Niente panna, tantomeno al ragù. Il ragù si mette semmai sui tortelli di zucca, perché il salato faccia contrasto con il dolce del ripieno. I piatti sono sempre belli abbondanti, il conto onesto. E vade retro nouvelle cuisine, con quei quattro tortelli al burro e salvia tristi e slavati in mezzo al piatto.