MACCHINE DEL TEMPO
Catena Fiorello: «Ho fatto un rally a mia insaputa»
UN MOMENTO INDIMENTICABLE in auto, per Catena Fiorello, è stato vissuto suo malgrado. Alla guida, quattro anni fa, c’era uno suo amico che, neanche a farlo apposta, si chiama Cateno. «Cateno Ruggeri, allora vicesindaco di Letojanni. Mi stava accompagnando a Nizza di Sicilia, alla presentazione del mio libro Un padre è un padre ». Erano impegnati in una fitta conversazione che ruotava attorno proprio alla trama del libro. Quindi scarsa attenzione alla strada, tanto che nessuno dei due nota che, da un po’ di chilometri, non c’è più nessuna auto in giro. Dopo un po’, all’altezza di Roccalumera succede l’imprevisto: «Sentiamo un rombo dietro e alle spalle arriva una serie di auto a folle velocità. Ci superano a destra e a sinistra». Non sanno cosa fare. Cateno tiene il volante dritto, paralizzato. «Eravamo finiti, non si sa come, dentro il percorso di un rally. Un incubo. Ne siamo usciti indenni, non so ancora come». I suoi ricordi dell’auto erano cominciati in un modo molto meno traumatico. Anzi. A metà Anni 70, quando lei era una bambina di dieci anni. «Guidava mio papà, ed era già buio. Stavamo tornando da Taormina ad Augusta, dove abitavamo. All’altezza di Catania, al bivio vicino a dove c’era il vecchio aeroporto, sotto una pioggia torrenziale, esce da sotto un albero un donna bionda, bella, con aria terrorizzata». Chiedeva un passaggio. La caricano, nonostante la signora Fiorello temesse fosse una trappola per rapinarli, vista la zona malfamata: «E invece era la sorella della mia insegnante di musica che aveva perso la corriera. Si era nascosta perché in quella zona c’erano le prostitute, non sapeva più a che santo votarsi. Io ero sul sedile dietro con lei e mia sorella Anna. Quando ho sentito la sua storia ho capito il valore del passaggio che le abbiamo dato fino a casa».