Sì Antonio Rizzolo
RISPETTO AL TEMA della chiusura domenicale dei negozi, la mia riflessione si articola su diversi piani. Prima di tutto, esiste la dimensione religiosa, intesa come tradizione giudeo-cristiana. I comandamenti prevedono di santificare le feste, per noi cristiani la domenica, che dovrebbe essere un giorno da dedicare al Signore, in cui evitare i lavori che non sono strettamente necessari. C’è però una motivazione che va al di là di questo, ed è l’esigenza del riposo, che non è una questione religiosa, ma umana: l’importanza di dedicarsi alla famiglia, agli affetti, a tutto ciò che è la vita al di là del lavoro. Ricordo come papa Francesco disse che la società consumistica vuole mangiarsi anche le feste. Così penso sarebbe bene che noi cristiani per primi dessimo l’esempio, dimostrando quanto è bello passare del tempo con i nostri cari, e magari anche insieme a chi è solo. Infine, anche dal punto di vista concreto, non ritengo che il lavoro domenicale porti particolari benefici all’economia, come venne spiegato in una iniziativa portata avanti dalla Conferenza episcopale e da Confesercenti qualche anno fa; ci si limita a distribuire gli acquisti su più giorni, così come non credo si creino nuovi posti di lavoro ma piuttosto più turni. Il rischio è invece la perdita di umanità. Per questo limitare le aperture domenicali, come peraltro avviene in tanti Paesi europei, è una buona idea. L’attuale liberalizzazione totale è senz’altro negativa.
Antonio Rizzolo, 56 anni, è sacerdote della Compagnia di San Paolo. Dal 2016 dirige il settimanale cattolico Famiglia Cristiana. Alberto Alesina, 61 anni, è professore di Economia politica all’Università di Harvard. Ha pubblicato numerosi saggi ed è editorialista del Corriere