SUL BALCONE VERDE D’ITALIA
Luoghi spettacolari, turismo mansueto. La Sardegna occidentale regala panorami mozzafiato, profumi sorprendenti e incontri cordiali. Oristano? «D’estate ci divertiamo, ma d’inverno...», dicono i ragazzi del posto
HO VISTO IL MARE IN CAMPAGNA. Mi mancava: sono nata in una città piemontese, Pinerolo, che contiene in sé la pianura dei campi, l’altezza dolce delle colline e l’orizzonte sicuro, dipinto, delle montagne. Non avevo mai seguito la linea tonda, gialla dei campi scendere fino alla spiaggia, confondersi nell’azzurro. Balle di fieno sul Mediterraneo. È l’immagine più bella e surreale – ammirata a S’Archittu – di questo viaggio lungo la costa occidentale sarda, da Oristano a Porto Torres. Ho scoperto una terra di passaggio: selvaggia, lenta, sorprendente e salendo via via più affollata, scintillante, turistica. Ho percorso 300 km prima di arrivare ad Alghero e poi a Stintino, dove le macchine in fila, gli hotel, le villette, le orchidee lungo la strada fanno quasi dimenticare la tradizione e la lentezza dell’inizio: Oristano, Cabras, Is Arutas, S’Archittu, Magomadas, Bosa. Mentre volo sopra la Sardegna – atterrerò a Cagliari prima di salire sul treno per Oristano – una nave carica di migranti da giorni in balia delle onde e della politica sta viaggiando in direzione opposta. Il forte vento ha imposto ad Aquarius, diretta in Spagna, un cambio di rotta e il passaggio a nord. «Qualche furbetto», mi diranno sull’isola, «aveva proposto di farli sbarcare qua».
A ORISTANO IL MARE devi andartelo a cercare: 10 km, un quarto d’ora d’auto dalla città, fino a Torre Grande. Qui il tempo è fermo agli Anni 80. Vecchi caffè da lungomare di provincia, tavoli vuoti, anziani seduti all’ombra. I bambini, scalzi, giocano a pallone lungo la strada e contro la torre, grande appunto, che dà il nome al lido e svetta solitaria come in un dipinto di de Chirico. Un ragazzino s’avvicina scambiandomi per una turista straniera: « You’re welcome », dice sorridendo. La spiaggia è lunghissima, cittadina, lontana dalle sabbie per cui la Sardegna è celebre al mondo. «Un ripiego per noi di Oristano», dice Giorgio, che fa il taxista da 30 anni e al volante ascolta RadioMaria. Arrivano i turisti? «Sempre di più, ma è un turismo povero, perlopiù camperisti che stanno qualche giorno soltanto. Viene chi vuole tranquillità. Qui si sta bene: non succede mai niente!». Una breve indagine mi suggerisce che la percezione di Giorgio non è isolata. Lo confermano Elena, 86 anni, Marilena, 65, quarta generazione della merceria Garau, e, con tono chiaramente diverso, un gruppo di sei ragazzi sulla spiaggia. Avvolti negli asciugamani dopo un bagno freddissimo, hanno l’adolescenza stampata sul viso e la noia facile rispetto a qualsiasi imposizione. Sono stati «tutti bocciati a scuola». Coincidenza non impossibile, ma improbabile, ammetto. Com’è essere giovane a Oristano? «In parte anche bello: sei più libero perché puoi fare quello che vuoi», dice Alessandro. «D’estate ci divertiamo, ma d’inverno… È loffio! Chiudono tutto, non c’è nessuno. Stiamo in una piazzetta a guardare le macchine passare». E il lavoro? «C’è se hai i ganci giusti, o forse se studi», dice Giulia guardando lontano. La Sardegna è la sesta regione europea per disoccupazione giovanile, al 56%, contro una media nazionale del 33. Sull’isola lavora un abitante su due, a Oristano la percentuale scende al 48%.
PROSEGUIAMO A NORD-OVEST, arriviamo a Cabras e al suo stagno, dove il mare si raccoglie. Antonio ha 65 anni e pesca «da almeno 50» insieme ad altri 150 pesca- tori riuniti nella cooperativa. «Per i giovani siamo messi male: non abbiamo fabbriche, la pesca non vogliono farla, è un mestiere di sacrificio e poco retribuito», mi dice tenendo in mano una cesta piena di orate. Antonio non è mai uscito dalla Sardegna. Anche oggi si è svegliato, come sempre, alle 2 di notte: si sta in barca fino alle 7, poi si rientra e si vende il pesce. Orate a 12 euro al chilo.
ARRIVIAMO A IS ARUTAS, perla della Penisola del Sinis, una delle cinque spiagge più belle del mondo. Non sono ancora in molti a saperlo, per fortuna. Paesaggio selvaggio e sabbia preziosa: granelli di quarzo tondeggianti e coloratissimi, della grandezza di un chicco di riso. Vanno a ruba: nel novembre scorso sono tornati a Is Arutas 250 kg di sabbia trafugata. Seguendo la costa, c’imbattiamo in S’Archittu (letteralmente, “l’archetto”). Mare e campagna, fondale cristallino sormontato da un gioiello architettonico naturale, l’arco appunto, da cui si buttano i ragazzini per divertirsi e far colpo sulle compagne. Elisabetta, 78 anni, e Salvatore, 87, qui ci sono arrivati mezzo secolo fa. Fissano l’azzurro del mare, immobili, incorniciati nell’entrata della loro casa color mattone. Salvatore viene a S’Archittu «dalla fine della guerra: non c’era niente, nemmeno le case, solo i campi e il mare». Sono in vacanza, vivono a Torino, «a Piossa-
«PER I GIOVANI SIAMO MESSI MALE: NON ABBIAMO FABBRICHE, LA PESCA NON VOGLIONO FARLA»
sco», precisano (17 km da Pinerolo, il mondo è piccolo). Salvatore ci racconta di quando a S’Archittu negli Anni 50 fece «la comparsa in un film con Sofia Loren», che «era bella, perché era giovane». Non riesce a ricordare il nome del film. «Ci sono tante cose che non ricordi, Tore», lo consola Elisabetta. Lasciamo i due guardiani sardo-torinesi dell’archetto e continuiamo verso nord.
CI ATTENDONO MAGOMADAS, arroccata a strapiombo sul mare, dove la “7mobile” quasi rimane incastrata nelle minuscole vie del centro, e Bosa, con le sue casette colorate, una Burano sarda, costruita sull’unico fiume navigabile dell’isola. Percorriamo una delle strade panoramiche più belle d’Italia, la Bosa-Alghero, prima di arrivare nella Barceloneta, la piccola Barcellona. Ad Alghero, dove gli anziani parlano ancora l’algherese, variante del catalano, e dove ha sede una delegazione della Generalitat de Catalunya, discutiamo di immigrazione, società e futuro con Luigi, 70 anni, e sette ragazzi di 50 anni più giovani. «Alghero è una città aperta», dice Luigi. «Ma ti devi comportare bene. Quando vengono questi negracci… Io non sono razzista, eh… ma se fanno qualcosa di sbagliato, sono fregati». I ragazzi, seduti al bar di fronte al bastione, controbattono: «Aperta? Mica tanto. Basta leggere quello che si scrive su Facebook». E cosa si scrive? «Che sono troppi e che disturbano», dice Marco. Vi sentite dimenticati dallo Stato? «Sì, perché siamo su un’isola. Siamo isolati! ( ridono) Alcuni pensano che questa costa sia ancora abitata solo da pastori e pecorelle». E la politica? Hanno votato 5Stelle, tutti tranne Luca, che non ricorda su quale simbolo abbia messo la croce.
LI SALUTIAMO e viaggiamo verso Stintino e la sua cristallina spiaggia della Pelosa, ultimo lembo di terra sarda protesa verso l’isola dell’Asinara, prima di raggiungere Porto Torres. È l’inizio di un’altra Sardegna – la costa settentrionale, che contiene la selvaggia Gallura e la Costa Smeralda – e la fine di quella occidentale, il vero Far West d’Italia.
AD ALGHERO GLI ABITANTI PARLANO ANCORA L’ALGHERESE, UNA VARIANTE DEL CATALANO