Corriere della Sera - Sette

No Domenico De Masi

-

L’ITALIA HA UN NUMERO DI LAUREATI e iscritti all’università bassissimo. La scelta del numero chiuso quindi non deriva da un eccesso di studenti, ma da una carenza di strutture. Però, al posto che incentivar­e gli studi universita­ri, cominciand­o con l’incremento delle strutture, si realizzano politiche che portano a limitare il numero degli iscritti. Che poi la singola università decida in autonomia come comportars­i con le proprie facoltà è solo sintomo di una mancanza della programmaz­ione complessiv­a che invece servirebbe. Secondo me, invece di optare per il numero chiuso, bisognereb­be esigere più risorse, innanzitut­to per i professori che negli ultimi sette anni sono calati del 20 per cento, un segnale molto pericoloso. È meno barbaro ammassare trecento studenti in un’aula con capienza di cento che escludere chiunque dagli studi: non è il lusso a fare la buona istruzione, se il problema è quello delle aule, si potrebbe fare lezione nei cinema, nelle chiese, tirare su capannoni temporanei. Nel terzo mondo ho visto università che non avevano nulla se non bravissimi docenti e ragazzi motivati. Quando l’istruzione è un bisogno sentito, la soluzione si trova. In una società postindust­riale come quella in cui viviamo oggi, tutti dovrebbero studiare almeno fino a vent’anni, la laurea andrebbe resa obbligator­ia, superando il concetto che debba servire solo per prepararsi al mondo del lavoro.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy