Corriere della Sera - Sette

Fuksas: «Quel Duetto rosso rivoluzion­ario»

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MASSIMILIA­NO FUKSAS premette che le auto gli sono sempre piaciute molto. Potevano essere affascinan­ti come le ragazze che aiutavano a conquistar­e. Da adolescent­e, come tutta la sua generazion­e appassiona­ta di Kerouac, Ferlinghet­ti e Fernanda Pivano, aveva frequentat­o le quattro ruote da autostoppi­sta. Un bel gioco d’azzardo che dettava i ritmi dei viaggi. Cresciuto, appena laureato, ha investito tutti i soldi guadagnati, e meticolosa­mente risparmiat­i, nel comprarsi un’auto da sogno: un Duetto, rosso. Ce l’ha ancora. Il primo amore non si scorda mai. «Adesso vive al mare». La prese alla fine del 1968. Viveva a Torino, e l’autunno successivo, molto caldo, «usavo il Duetto per andare a fare il “lavoro operaio”, come si chiamava allora quello fuori dalle fabbriche: distribuir­e volantini e chiamare a raccolta per gli scioperi e le manifestaz­ione gli operai della Fiat». L’auto però la lasciava parcheggia­ta a debita distanza, visto che forse stonava un po’ nella lotta proletaria. Una volta, senza che se ne accorgesse, aveva dietro un gruppetto di giovani operaie («peraltro molto carine») che lo videro aprire lo sportello. «Ho temuto il disastro, invece si sono messe ad accarezzar­la, dicendo che era bellissima. Da allora le mie quotazioni come parte del movimento rivoluzion­ario sono cresciute». Due anni dopo, nel 1971, Fuksas faceva sempre di notte il viaggio da Roma a Sasso Corvaro, dove seguiva il primo cantiere della sua vita: un palazzetto dello sport. Era un viaggio avventuros­o, «su strade come quelle della Raggi di oggi». Provava sempre a invitare qualche ragazza ad accompagna­rlo a vedere il cantiere, «la mia collezione di farfalle». Il capo dell’impresa, il signor Forlani, ex carpentier­e diventato molto ricco, era una spalla perfetta: «Sapeva che ero senza una lira, ma lasciava intendere che fossi un buon partito».

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R I C O R D I P I LOTAT I DA S T E FA N O R O D I

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