I l migliore della settimana: Teresio Asola, 57 anni
GIACOMO STA PER TORNARE dopo dieci mesi in Cina, dove ha frequentato il quarto anno di liceo. È diventato grande, nel frattempo. Questa lettera la vedrà quando si sarà ripreso dallo shock del ritorno. Spero sia una sorpresa gradita, anche se non me lo dirà mai. Mi guarderà e mi dirà: «E allora? Che ho fatto? Nulla di eccezionale. Niente di che». Già, per lui tutto è «niente di che». Anche questa avventura cinese, voluta e attesa, costata lavoro e sacrifici. Giacomo, come i fratelli, ha voluto ritagliarsi il suo spazio di libertà volando via quasi un anno fa. Dieci mesi passati in un soffio, che a noi genitori (e forse anche a lui) parevano un’eternità.
PERCHÉ GIACOMO ha scelto la Cina e il liceo di Zhengzhou? Gliel’abbiamo chiesto più volte. Perché non gli Stati Uniti, o l’Australia, con una lingua più facile e una cultura più vicina alla nostra? «Cina e basta», era la sua risposta. Forse il perché, mai detto, stava nella voglia di cimentarsi in qualcosa davvero impegnativo e fuori dagli schemi. Una sfida è una sfida. Quando un adolescente ne sceglie una, non si accontenta di mezze misure. Il perché della Cina l’abbiamo trovato poi, frammentato in mille motivi. Nella sua divisa biancoazzurra della scuola N. 4 di Zhengzhou, nei sorrisi che ci regalava quando, ogni quindici giorni, ci raccontava il mondo di Wechat, l’applicazione con cui i cinesi fanno tutto. Quando parlava dei turni settimanali per la pulizia delle aule o del volontariato in una scuola di campagna. E poi della sua famiglia cinese, felice di insegnargli i segreti del gioco del mahjong o della preparazione dei ravioli, e di invitarlo a vedere i panda a Chengdu nel Sichuan.
NON LO AMMETTERÁ MAI, ma certo l’anno in Cina non è stato facile. All’inizio a scuola capiva a malapena di che materia si trattasse, poi è riuscito a seguire e prendere appunti. Nei suoi «niente di che», c’è pure la soddisfazione di aver ottenuto una splendida pagella cinese e di aver studiato persino le materie del suo liceo italiano, mettendosi alla pari con i compagni rimasti a Torino.
CHISSÁ SE ORA in Giacomo prevale la gioia del ritorno o la tristezza di lasciare la Cina. Sa che deve ancora lavorare e studiare. Sogna già una futura università, chissà dove. Per un adolescente le sfide non hanno confini geografici. I giovani, a differenza nostra, non si accontentano mai. Noi genitori, nonostante le ansie, siamo felici di aver regalato ai nostri figli un paio d’ali. E so che Giacomo ci dirà ancora con un bel sorriso, quando, in futuro, arriveremo da lui chissà dove: «E allora? Che sarà mai. Niente di che». Lo farà con la consapevolezza di aver volato e di poter continuare a farlo.