L’improvvisazione al comando. Per quanto possiamo andare avanti?
In America, in Europa, in Italia: i partiti populisti hanno vinto le elezioni e ora sono al potere. Hanno il diritto e il dovere di governare, certo. Ma hanno la competenza per farlo?
SIAMO COME ASTRONAUTI durante la passeggiata spaziale: sappiamo che il momento è pericoloso, ma preferiamo non pensarci e guardare il panorama. La legittima furia degli elettori occidentali ha portato l’improvvisazione, l’inesperienza e l’incompetenza al potere; e l’incompetenza non viene percepita finché non è messa alla prova. Per passare dallo spazio alla medicina: tutti possiamo fingerci chirurghi, bastano un camice, un bisturi e un po’ di parlantina. Ma se arriva una barella con un ferito, tutto diventa chiaro: non sappiamo cosa fare.
E’ IMPRESSIONANTE VEDERE DONALD TRUMP all’opera. Il suo viaggio europeo, in luglio, ha lasciato il segno: non s’era mai visto, nella storia, un presidente degli Stati Uniti così umorale, aggressivo, apertamente ostile verso gli alleati e tanto servizievole verso la Russia (sospettata d’aver interferito nelle elezioni americane). Trump s’è specchiato in Putin, che ovviamente ammira. Ha umiliato Theresa May, attaccato Angela Merkel ed è arrivato a definire l’Unione Europea “a foe” (un avversario, un nemico). I valori e la storia comune? Non ne ha parlato. Anche perché, per parlarne, avrebbe dovuto conoscerli.
DI DONALD TRUMP, e della concezione dilettantesca della democrazia, si parlerà a lungo. Ma per ora resta popolare, negli USA e in Europa. Non dovunque, però. In Gran Bretagna ha dovuto evitare impegni a Londra, per evitare che la città gli si rivoltasse contro. Fosse passato in Italia, l’accoglienza – si accettano scommesse – sarebbe stata adulatoria. A noi piacciono i vincitori, qualunque cosa dicano e qualunque cosa facciano. Se poi servono a sfogare i malumori, diventano eroi. C’È UN DETTAGLIO: i governanti devono governare. In America come in Italia. Renzianamente, l’alleanza giallo-verde aveva promesso una riforma al mese: siamo in attesa di vedere la prima. La flat tax, il reddito di cittadinanza, le espulsioni? Se ne parla molto, ma per adesso si vede poco (salvo il faticoso Decreto Dignità). La grande passione della nuova maggioranza – come di tutte quelle che l’hanno preceduta – sembrano essere le nomine. In fondo, si tratta solo di scegliere le persone e accumulare gratitudine. Se sono quelle sbagliate, amen.
PERCHÉ IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, il mio conterraneo Danilo Toninelli, ha sciolto il consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato, una delle imprese-chiave del nostro lungo e complesso Paese? In base a quali conoscenze e competenze? Abbiamo letto diverse spiegazioni, nessuna delle quali convincente. L’impressione – confortata anche dai ripetuti cambi di rotta sulla Tav – è che abbia preso una decisione frettolosa, in base a conoscenze che non ha. Lo stesso vale per altri colleghi di governo. Le cose che si sentono sui vaccini, per esempio, sono preoccupanti (il ministro Giulia Grillo: “A scuola con l’autocertificazione”).
LE DOMANDE, A QUESTO PUNTO, diventano due. La prima: perché le società reggono? Risposta: perché dietro Trump e Toninelli – accostamento surreale, ma utile al nostro ragionamento – esistono istituzioni, organizzazioni e meccanismi che fungono da ammortizzatori. Seconda domanda: quanto potranno reggere? Risposta: possiamo avere la domanda di riserva?