No Patrizia Barbieri
QUANDO SI PARLA DI RAPPORTI matrimoniali che finiscono, ogni caso è un caso a sé. Detto questo, il criterio del tenore di vita per stabilire l’ammontare degli alimenti è divenuto per alcune parti una vera e propria rendita di posizione, quasi di natura parassitaria. Il divorzio infatti comporta la cessazione degli effetti giuridici del matrimonio. Pretendere di mantenere una rendita di questo tipo sembra significare quasi un protrarne il vincolo, voler mantenere in essere una situazione ormai conclusa, spesso creando incongruenze. Bisogna anche tenere conto di come il reddito che bastava per garantire un certo stile di vita a una coppia, può non bastare per due, laddove abitazioni, utenze, spese si raddoppiano, senza contare quando uno degli ex-coniugi desidera iniziare una vita con qualcun altro. È importante ricordare che la gran parte della gente non ha grandi patrimoni da dividere: immaginiamo un nucleo familiare che può contare su un salario di 1600/1800 euro, magari con un mutuo da quattro o cinquecento; nel momento in cui i genitori si separano, il mutuo prosegue, ci sono gli assegni per i figli, la necessità di una seconda abitazione presa in affitto… I conti sono presto fatti. Anche con uno stipendio decoroso, se non addirittura buono, il divorzio può comportare il passaggio dall’appartenenza a un ceto medio a una situazione di povertà o quasi.