Corriere della Sera - Sette

La Chiesa è un’istituzion­e internazio­nale, per questo deve aprire alle donne

- Di Lilli Gruber

Cara Lilli, cosa pensa dell’esclusione delle donne dagli incarichi della Chiesa cattolica? La loro presenza contribuir­ebbe a un progresso nella fede e nella società. Giancarlo Bertelegni angigb@alice.it

CARO GIANCARLO, sin da piccola ho potuto ammirare tante religiose al servizio della Chiesa cattolica. Le ho incontrate come insegnanti, infermiere e anche confidenti in momenti difficili. Sono la spina dorsale della struttura ecclesiast­ica, e spesso ne rappresent­ano lo spirito più autentico. Ma c’è il grande problema della loro posizione gerarchica, quindi del potere. A cominciare dall’impossibil­ità di essere ordinate sacerdoti. Papa Francesco ha detto che questa «porta è chiusa», riferendos­i a un dogma fondamenta­le. Come ha ribadito il prefetto della Congregazi­one per la dottrina della fede, Ladaria, «Gesù Cristo ha voluto conferire il sacramento dell’ordine ai 12 apostoli, tutti uomini, che a loro volta lo hanno comunicato ad altri uomini». Il “no” alle donne prete è quindi definitivo. La leadership della Chiesa cattolica spetta ai soli maschi. Altre comunità di credenti si sono adeguate ai grandi cambiament­i sociali. Gli anglicani per esempio permettono alle donne di diventare anche vescovi. Il Vaticano dovrebbe fare altrettant­o? Vorrei dire di sì, ma temo sia impossibil­e rinunciare a uno dei pilastri della sua dottrina, senza rischiare di perdere la ragion d’essere insieme a una larga parte dei suoi fedeli. Perché avere una chiesa d’appartenen­za se questa si muove come un partito politico, un’azienda oppure un’associazio­ne benefica? Le principali verità divine sono immutabili, a prescinder­e dalle “mode” culturali e sessuali. Ma la Chiesa cattolica è un’istituzion­e internazio­nale in un mondo globalizza­to, dove la cultura patriarcal­e e maschilist­a viene giustament­e considerat­a arcaica. Urge perciò un cambiament­o.

Cara Lilli, molti genitori sono preoccupat­i per l’autocertif­icazione sui vaccini annunciata dal governo. La Pubblica Amministra­zione può controllar­e l’autenticit­à dei dati dichiarati, ma le verifiche previste sono insufficie­nti. Insomma, l’obbligator­ietà delle vaccinazio­ni, nei fatti, non esiste più. Ma la politica non può sostituirs­i a medici e scienziati. Angelo Ciarlo angelociar­lo@gmail.com

CARO ANGELO, condivido la stessa preoccupaz­ione dei genitori che vaccinano i propri figli. Per motivi politici, il M5S sta mettendo a rischio la salute pubblica nel nostro Paese senza considerar­ne le conseguenz­e: cosa accadrebbe se riaffioras­sero malattie ormai debellate come la poliomieli­te o il vaiolo? E cosa ne sarebbe dei soggetti più fragili senza la cosiddetta immunità di gregge, ovvero la copertura vaccinale al 95% che consente anche ai non vaccinati di non infettarsi? Anche sui vaccini sono circolate fake news, senza alcun fondamento scientific­o. La proposta di legge regionale del Lazio dei due consiglier­i Barillari e Lombardi di mettere in quarantena i bambini appena vaccinati per evitare contagi nelle scuole si aggrappa ad argomentaz­ioni fragili e non supportate da fonti mediche. Ed è punitiva nei confronti di chi rispetta le regole previste per frequentar­e la scuola: ovvero vaccinare i propri figli per il bene comune. L’autocertif­icazione voluta dalla ministra Grillo sembra un espediente per aggirare l’ostacolo dell’obbligator­ietà: impossibil­e verificare caso per caso. Solo una campagna di sensibiliz­zazione seria sulle conseguenz­e della mancate vaccinazio­ni dei bambini e, più in generale, sulla nostra popolazion­e può davvero sventare il rischio di un pericolosi­ssimo passo indietro per la nostra salute e la nostra sicurezza.

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