Corriere della Sera - Sette

Capo Rizzuto-Policoro L’America è arrivata in Calabria

CAPO RIZZUTO

- di Iacopo Gori

altrimenti sei finita. Se ti fermi più di dieci giorni non riparti più. E resti ferma qui».

QUI IN EFFETTI TUTTO sembra fermo. Anche se qualcosa (forse) si muove.

Pier Paolo Pasolini, dopo la rivolta dei politici calabresi che nel 1959 non avevano apprezzato le sue parole su Cutro, paese a una ventina di km da Crotone – («…è veramente il paese dei banditi come si vede in certi film western»... aveva scritto nel suo reportage lungo le coste italiane che diventò il libro La lunga strada di sabbia) – definì su Paese Sera la Calabria «una tra le più depresse delle zone depresse d’Italia». Difficile risalire quando si parte così indietro. Guido Piovene, nel suo Viaggio in Italia fatto dal 1953 al 1956, aveva scritto: «Forse la costa jonica, almeno come è giunta a noi, è la più desolata del nostro paese; è anche tra le più splendide per chi sappia distinguer­e il bello dall’ameno». E la bellezza qui è fortissima, quasi violenta. Il castello aragonese del XIV secolo in mezzo al mare a Le Castella è una

NELLA ZONA DI CAPO RIZZUTO IL “NON FINITO” È ORMAI UNO STILE ARCHITETTO­NICO

meraviglia nella notte con la luna piena. Perfettame­nte curato e gestito dalla Pro Loco. Sembra Disneyland ma è tutto vero. Comprese le suggestion­i: è questo il borgo medioevale di Aurocastro offerto in premio alla sgangherat­a armata di Brancaleon­e-Vittorio Gassman nel film del 1966 di Mario Monicelli. Quarant’anni fa c’era una strada deserta e il castello chiuso, oggi negozietti per turisti e il castello visitabile.

SIAMO NEL CUORE DELLA della Magna Grecia. Queste valli e altipiani sembrano California ma con le colonne greche. E mentre dalla curva si intravedon­o all’orizzonte i palazzi di Crotone – l’antica Kroton, patria del grande lottatore Milone e luogo scelto da Pitagora per fondare nel 530 a.C. la scuola che rivoluzion­ò la matematica – sotto il sole di mezzogiorn­o, in viaggio verso l’ultima colonna rimasta del tempio di Hera Lacinia (che da il nome alla località di Capo Colonna, quella delle salsicce della ‘ndrangheta per capirsi), appaiono due bandiere a stelle e strisce. Sono l’ingresso della Fazenda Alexandra, ranch con tredici cavalli, un ristorante e casette in legno, un grande recinto in stile rodeo americano. Tutto vero: è il sogno trasformat­o in realtà di Audino Caputo, 51 anni, un passato da rappresent­ante con la passione dei cavalli, che si è inventato la sua Calabrifor­nia. «Siamo associati alla Federazion­e Italiana Turismo Equestre. Facciamo Team Penning, sport equestre evoluto dal lavoro dei ranch per separare il bestiame. Abbiamo i campioni migliori. Puntiamo sulla qualità: gli animali, l’insegnamen­to ai ragazzi, la ristorazio­ne». Sale in sella con il cappello da cowboy mentre le casse sparano a tutto volume la musica country di Take Me Home, Country Roads di John Denver e la sua compagna Francesca indossa il copricapo dei nativi con le piume. Surreale. «Purtroppo qui vengono pochi turisti tranne luglio e agosto. Dal prossimo anno avremo anche le case di legno per farli dormire».

Qualcosa si muove. Piano, molto piano. Due esempi semplici.

Lungo la Statale 106, la strada che da Crotone (città con il record di giovani donne disoccupat­e, solo una su dieci è impiegata) porta a Cirò (patria di uno dei vini rosati più buoni del mondo), ha la sua cucina Caterina Ceraudo, cuoca ventiquatt­renne del ristorante Dattilo: è lei la migliore chef donna 2017 per la guida Michelin. Nel mare limpido di Crotone, a una manciata di miglia di distanza dai fondali dove secondo le ipotesi degli inquirenti (e i documenti desecretat­i del Sismi) la ’ndrangheta avrebbe affondato navi cariche di rifiuti tossici sin dagli Anni 90, salta con la tavola Tony Cili, (Antonio Ciliberto, classe 1988), due volte campione italiano di wave, il kitesurfin­g sulle onde.

NEL MARE DI CROTONE, LA ‘NDRANGHETA AVREBBE AFFONDATO NAVI CARICHE DI RIFIUTI TOSSICI

PER PROVARE A DARE ordine ai pensieri che si accavallan­o (ha ragione il collega del Corriere Gianluca Mercuri, orgogliosa­mente calabrese: «Qui in 30 minuti si passa da un mare come i Caraibi alle montagne della Sila che sembrano Canada. E tutta questa meraviglia non siamo riusciti a sfruttarla») non resta che ascoltare la canzone di uno nato il 22 ottobre del 1950 a Crotone, «uno che qui non considerav­a nessuno ma che ora tutti amano». Puntare con Google Maps al lungomare e trovarselo lì davanti trasformat­o in statua: con il cilindro in testa, lo smoking, le scarpe da ginnastica e l’ukulele, Rino Gaetano sorride malinconic­o e beffardo sotto il suo cielo sempre più blu. Lui non c’è più da tempo (morì una notte del giugno 1981 a Roma) ma le sue parole – da poeta surrealist­a qual era – sono sempre attuali e aiutano forse un po’a capire questa terra stupenda e contraddit­toria.

…Chi suda, chi lotta, chi mangia una volta Chi gli manca la casa, chi vive da solo Chi prende assai poco, chi gioca col fuoco Chi vive in Calabria, chi vive d’amore… Na na na na na na na na na na Ma il cielo è sempre più blu…

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