Corriere della Sera - Sette

Al capolinea del lungomare

- di Beppe Severgnini

NON FIDATEVI DEL NOME: Angeli sa essere diabolico. Lo osservo, mentre viaggiamo in treno da Milano a Venezia, pronti a incontrare la “7mobile” e chiudere il nostro Lunghissim­o Lungomare a Trieste. Siamo in tre. Io leggo e prendo appunti; Lorenzo Giuffredi – l’occhio e la mano dietro le nostre splendide copertine – sonnecchia e medita. Giovanni Angeli traffica col telefono e ridacchia. Trafficare e ridacchiar­e: due cose preoccupan­ti, quando impegnano una delle menti più brillanti del Corriere della Sera. Avete visto, per esempio, le caricature degli autori-guidatori del nostro viaggio? Le ha disegnate tutte lui. Le colleghe sono sorridenti, graziose, eleganti. Noi maschi sembriamo ceffi sbucati da un romanzo gotico. Salvo uno: Giovanni Angeli, che si è ritratto delicato e spirituale (vedi pag. 35).

MA STO DIVAGANDO. Il nostro piccolo gruppo – un toscano, un emiliano, un lombardo – arriva alla stazione di Mestre, e prontament­e perde l’orientamen­to: noi andiamo da una parte, e la “7mobile” ci aspetta dall’altra. Ma il videomaker Antonio Crispino e il fotografo Rocco Rorandelli (TerraProje­ct) sono pieni di risorse, e ieri hanno gestito il tornado Lorenzo Cremonesi. So che consideran­o la giornata di oggi una sorta di passerella finale, come l’ultima tappa del Giro d’Italia. Come si sbagliano.

Recuperiam­o la XC40 e la V90 dei fotografi – grazie Volvo Italia, da parte di tutti – e partiamo. Andiamo in piazzale Roma, a Venezia, dove fantastich­iamo di incrociare autobus carichi di turisti cinesi, cui far pronunciar­e «Lunghissim­o Lungomare». Troviamo solo i soliti tentativi d’ingorgo, facciamo inversione e puntiamo verso Est. L’ITALIA STA PER FINIRE, il nostro viaggio anche: ma noi siamo uomini rudi, e non ci faremo intenerire. Restiamo lontani dalle autostrade – una delle regole di questa impresa – ma ostaggi del navigatore, oggi un po’ umorale. Arriviamo verso le undici a Jesolo, dove l’industria delle vacanze funziona a pieni giri. Ci avviciniam­o cautamente alla spiaggia. Seduti sotto un portichett­o, in una delle vie laterali, due gentili pensionati di Monza chiedono una fotografia insieme da mandare a Crozza. Giovanni Angeli ride: capisce come si mette la giornata. Arriviamo in spiaggia – vestiti di tutto punto, sembriamo personaggi di Jerome K. Jerome – e poi torniamo, come da copione, sul lungomare. Jesolo, spiego, è la terza stazione balneare italiana per numero di presenze. Il nome antico era Equilium, dal latino equus, quindi città dei cavalli, allevati dagli antichi

Veneti. «L’hai letto su Wikipedia», mi dicono. «E dove se no?», rispondo.

IN SPIAGGIA altri incontri ravvicinat­i con i lettori, poi Rocco il fotografo chiede di salire su una terrazza per poter fotografar­e la spiaggia. Il proprietar­io dell’Hotel Vidi Miramare & Delfino – un passato remoto e due complement­i oggetto nella ragione sociale, non da tutti – ci accoglie, ci porta di sopra, ci mostra il panorama e un vecchio album di fotografie, ci racconta dei russi che si vedono meno e dei tedeschi che stanno tornando, dell’incubo della mucillagin­e nel 1989. La distesa degli ombrelloni è ipnotica. Scendiamo. Nell’atrio – gli atrii degli alberghi adriatici sono una categoria filosofica

– si avvicinano altri lettori, chiedono del governo, del nostro viaggio, del Corriere. Ci offrono uno spritz a mezzogiorn­o. Altri selfie, altri sorrisi. Angeli è chino sul telefono e ha uno sguardo che non mi piace. Cosa stai facendo? «Stories su Instagram», risponde angelico. Proseguiam­o. Lorenzo ed io sulla “7mobile”, Giovanni e Rocco sull’auto affidata a TerraProje­ct. Ci dirigiamo verso Caorle, passando da Cor tellazzo, lungo strade secondarie. Un retrobotte­ga adriatico incantevol­e: canali, pioppi, reti, campi verdi, villette con i residenti stesi al sole, insieme ai panni. Arriviamo a Caorle, ed è un’altra sorpresa: sta a Jesolo come Franco Battiato sta a Vasco Rossi. Antico porto romano, colorata e pulita, un magnifico duomo dell’XI secolo. Nella piazza antistante il mare, vediamo venire verso di noi un colosso afro-americano; mi saluta per nome, con voce baritonale. Si presenta: James Gordon Williams,

AGGIRIAMO LA LAGUNA DI CAORLE, DOVE ERNEST HEMINGWAY VENIVA A SPARARE ALLE ANATRE

docente della Syracuse University, in viaggio con la moglie italiana e due figli. Antonio Crispino si avvicina con la telecamera e gli chiede di cantare «Che sono venuto a fare / a bazzicare il lungomare...» (la nostra sigla, concession­e dello squisito Sergio Caputo). Temo che Crisp venga sollevato e scagliato in mare, come un frisbee. Invece JGW sorride ed esegue. Soddisfatt­i, andiamo da Nappa, in piazza San Pio X, e ordiniamo spaghetti con le vongole. IL NOSTRO VIDEOMAKER è impression­ante. Osserva, suggerisce, consiglia, rassicura, riprende, non si ferma mai; è in viaggio da trenta giorni, ogni giorno con un giornalist­a diverso, una forma di masochisti­ca abnegazion­e. Il sole è alto nel cielo. Guida Lorenzo. Aggiriamo la laguna di Caorle, dove Ernest Hemingway veniva a sparare alle anatre, ospite del barone Nanuk Franchetti; un giorno, a un incrocio, offrì un passaggio sulla Buick a una diciottene veneziana, bruna e fradicia di pioggia, Adriana Ivancich, e se ne innamorò perdutamen­te. Diventerà Renata in Di là dal fiume e tra gli alberi e gli cambierà la vita.

«Osservò il cielo rischiarar­si oltre il lungo margine della palude e vide in lontananza le montagne coperte di neve. Il colonnello udì uno sparo alle spalle dove sapeva che non c’erano appostamen­ti e voltò il capo a guardare di là della laguna gelata la lontana spiaggia coperta di falasco».

SONO LE TERRE UMIDE tra il Piave e il Tagliament­o, i casoni dei pescatori brillano nel sole d’estate. Entriamo

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FOTO TERRAPROJE­CT L’ultima tappa del viaggio di 7 arriva al confine con la Slovenia, passando dalle spiagge affollate di Jesolo e da quelle più tranquille di Caorle. Fino a incontrare la bellezza elegante di Trieste
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