Luigi Russo rifiutò la cattedra? Sì, ma non per le epurazioni fasciste
MA DAVVERO
fu il solo Massimo Bontempelli, tra tutti i docenti italiani benedetti dal regalo, a rifiutare il dono di una cattedra dopo la cacciata dall’università di tutti gli 896 professori che risultavano ebrei? Infamia che il 5 settembre di 80 anni fa metteva in pratica Il manifesto degli scienziati razzisti che due mesi prima aveva sostenuto che «gli ebrei non appartengono alla razza italiana» e affermava che «gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché costituita da elementi razziali non europei»?
No, ha scritto al Corriere un lettore di Catania: «In realtà, la cattedra fiorentina che apparteneva ad Attilio Momigliano era stata offerta in un primo tempo al critico letterario Luigi Russo, che rifiutò e comunicò allo storico Adolfo Omodeo “la repugnanza della cosa”».
Una precisazione preziosa, tratta dal libro Lo Stato educatore. Politica e intellettuali nell’Italia fascista, edito da Laterza nel 2002 e firmato dallo storico Gabriele Turi dell’Università di Firenze.
MAI COME
in faccende delicatissime come questa, però, contano i dettagli. Scriveva Turi che la cattedra di letteratura italiana a Firenze rubata ad Attilio Momigliano finì a Giuseppe De Robertis «dopo il rifiuto di Massimo Bontempelli e una offerta a Luigi Russo, che a Omodeo aveva comunicato “la ripugnanza della cosa”». La lettera, datata Firenze 29 novembre 1938, due è stato assunto alla Banca Commerciale» e dopo essersi lamentato di «una foruncolosi»: «Di Pisa sono contento, almeno lì mi va bene: qui vedo quelli di S. Marco (cioè dell’ateneo fiorentino con sede in Piazza san Marco, ndr) qualche volta, e gentilmente mi hanno parlato della successione Momigliano. Ma mi dura sempre la repugnanza della cosa, e poi l’ambiente fiorentino è troppo misero e vipereo. Almeno la mia Pisa la vedo solo due ore, per tre giorni della settimana: vedo soltanto gli studenti».
In tutta sincerità: basta un’allusione così vaga in una lettera privata tra amici per associare l’eventuale ritrosia silente di Luigi Russo al gesto clamoroso di Massimo Bontempelli? Mah… Non è facile, essere eroi.
Certo è che anche «dopo», quando ormai la guerra aveva preso una certa piega, il grande letterato considerato dagli allievi «un monumento» non si mostrò inorridito da quanto era successo. Lo dice un passaggio del libro La Doppia Epurazione di Francesca Pelini e Ilaria Pavan dedicato proprio alle leggi razziali a Pisa: «Nel novembre 1944 Luigi Russo, prorettore dell’Ateneo, nella prima inaugurazione dell’anno accademico dopo la liberazione di Pisa, non nominava l’espulsione dei professori e degli allievi ebrei, proteso com’era a dimostrare la sostanziale estraneità della cultura e dell’università al fascismo». Potente com’era, poteva spendersi un po’ di più.