La casa non è un bene, ma un diritto umano
(e i musicisti non pagano le imposte)
APPENA TOLGO IL PANAMA
Tonino Carotone (Burgos, 1970) è lo pseudonimo di Antonio de la Cuesta, spagnolo. Il suo brano più famoso è È un mondo (1999). Ha vinto il premio Rubicone al festival di liscio Folkint 2018
e sulla testa ci metto la mia corona da imperatore Tonino I, prendo misure drastiche per eliminare tutte le fonti di ingiustizia dalla Terra: chiudo le carceri, le banche, gli eserciti, la Chiesa cattolica. Tutti quelli che ci lavorano, o meglio, che ci “lavorano”, vengono destituiti, dotati di una bella pala e di un bell’elmetto giallo di sicurezza, e spediti a lavorare in cantiere. Dove finalmente faranno un lavoro vero, che non sarà arricchirsi a spese della vulnerabilità, della povertà, della debolezza strategica o della credulità altrui. Riduco anche molto le tasse su tanti lavori: primo fra tutti, il mio, quello di musicista, di grande utilità sociale e di cui c’è una perenne richiesta. Solo che le tasse ci spennano: nel mio regno chi fa arte non paga imposte e gabelle sul diritto d’autore e sulle esibizioni in pubblico e così via.
Abolisco subito anche le frontiere: visto che siamo un mondo globalizzato, almeno cerchiamo di esserlo per davvero. A scuola si studiano le lingue di tutto il mondo, non solo l’inglese; e seriamente si studia la musica. Il razzismo nel mio mondo non c’è bisogno di combatterlo: non esiste perché
il razzismo, in realtà, è la tensione sociale che c’è fra i poveri e i ricchi di tutte le latitudini, e se elimino o riduco molto le diseguaglianze, magicamente anche il colore della pelle smetterà di contare.
Come faccio? Partendo da una cosa basica: la casa e il lavoro, ma soprattutto la casa, non sono un bene di mercato: sono un diritto umano.
Non per niente, la mia reggia è casa mia a Madrid: governo da lì, e scrivo leggi nel mio perfetto “itagnolo”, crasi fra italiano e spagnolo, che si capisce benissimo. Ho anche una casetta al mare e una piccola barca: per me tanto basta per vivere da re, e anche da imperatore.