Corriere della Sera - Sette

Il migliore della settimana: Armida Bertoldi, 90 anni

- Outfit d’altri tempi Contributo giudiziosa­mente scelto da Micol Sarfatti

VAL DI NON, ANNI 40-50.

Eravamo tre sorelle e quattro fratelli. Noi non vestivamo «alla marinara», ma era ugualmente una festa, a ogni cambio di stagione, poter indossare i vestiti dismessi e poi riciclati tra di noi in famiglia. «Per necessità di misura», ripeteva mia mamma; e il più giovane – e per questo grande riciclator­e – faceva presente che forse era anche per mancanza di pecunia e si chiedeva speranzoso, a voce bassa, se alla prossima passerella domestica avrebbe avuto anche lui il piacere di indossare una bella giacchetta nuova.

UN ANNO

il nostro pluriricic­lato guardaroba fu arricchito dall’arrivo di un voluminoso pacco. Ce lo aveva spedito una cugina di mia mamma: un crudele destino l’aveva privata dell’unico figlio a causa di un incidente. Il pacco conteneva vestiario appartenut­o a questo suo figlio; c’erano camicie, pantaloni, un cappotto, un bel gilè in pelle e quattro graziose giacchette che sembravano nuove.

CI FU UN GRAN TRAMBUSTO

in casa quel giorno e, in men che non si dica, tutte le sedie e il divano furono occupate dagli abiti. Mia sorella rideva divertita mentre aiutava la mamma a mettere in bella mostra ogni capo che le porgeva. E la mamma ripeteva come fosse una litania: «Sia benedetto il Signore per questo ben di Dio che abbiamo ricevuto!». Il maggiore dei fratelli capì subito che era fuori taglia, e si mise in disparte; lo seguirono il secondo e il terzo. Era rimasto il più piccolo, che improvvisa­mente saltò in piedi su una sedia. Dopo aver dedicato un pensiero di pietà al povero cugino morto, e mandato un bacio e un grazie alla cugina tanto generosa, tra il serio e il faceto, chiese la nostra attenzione. Con molta compostezz­a ci disse che finalmente si sentiva un signore, in quanto possedeva quattro belle giacchette nuove e desiderava la nostra attenzione sull’uso che ne avrebbe fatto.

INDOSSÓ PER PRIMA

quella grigia, riservata per andare a scuola; quella azzurra per andare allo stadio e quella a quadretti per andare in montagna. Infine indossò l’ultima. «Questa», disse, «la riservo per il passeggio, trovo che sia la più elegante. Peccato che manchino il cappello e il bastone con l’impugnatur­a d’argento, come usa portare il signor notaio, che tutti in paese definiscon­o un gran signore. Ma io so aspettare per questi due oggetti. So che prima o poi arriverann­o!». Tutti scoppiammo a ridere, contenti che almeno uno della famiglia, per due o tre anni, avesse risolto il problema degli abiti. Come era bello allora vestirsi senza l’assillo e le imposizion­i della moda, ma accogliend­o con entusiasmo tutto quello che ci arrivava dal destino.

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