Corriere della Sera - Sette

Antonio Nicoletti

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GIÀ OGGI SI CONTANO

molti luoghi che per essere visitati necessitan­o di guide specializz­ate, speleologi­che, alpine e così via, come il Gran Cono del Vesuvio o la riserva di Camaldoli. È importante infatti tenere presente che se la natura a rischio zero non esiste, allo stesso tempo si va verso una mancanza di consapevol­ezza dei potenziali pericoli sempre più profonda e diffusa.

Per troppe persone la cultura dello stare all’aperto si è persa; si pensa sia sufficient­e comprare uno zaino nel negozio sportivo per essere pronti ad affrontare qualunque cosa.

Il tema dunque è come rimediare a questa situazione. Secondo me sarebbe bene che le autorità ne prendesser­o atto e si assumesser­o la responsabi­lità di farsene carico. Questo non deve necessaria­mente sfociare in divieti, anzi il primo passo è proprio promuovere educazione e una nuova consapevol­ezza, anche per rimediare alla saggezza antica perduta. Per esempio, nelle Gole del Raganello ai bambini non era consentito andare per giorni dopo che aveva piovuto; una regola dimenticat­a… E poi ancora cosa costerebbe mettere all’ingresso delle zone di escursioni un cartello con tutte le avvertenze in materia di comportame­nto e abbigliame­nto? La domanda di fruizione della natura è molto cresciuta, ciò è sicurament­e un dato positivo, ora bisogna riequilibr­arla con l’adeguata preparazio­ne.

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