Nel castello sul Trebbia tartare, chef giapponesi e fantasmi
SARÀ PER LA LEGGENDA
del fantasma che aleggia nel castello, o per via dell’elefante di bronzo che ti si staglia davanti, subito dopo il lungo ponte sul fiume Trebbia – ricorda la sconfitta subita dai romani da parte delle temibili truppe di Annibale – ma quando arrivi nel Borgo di Rivalta ti sembra di essere su un set cinematografico. Con i clienti shabby chic, seduti ai tavoli di legno nel giardino del grande glicine all’interno del borgo incantato.
GIÀ AL PASSAGGIO SOTTO L’INSEGNA
in ferro a forma di zuppiera si viene rapiti dai profumi e dai colori della bottega-dispensa che assomiglia a un quadro rinascimentale: i salumi appesi al soffitto – qui coppa, salame e pancetta Dop terminano la stagionatura – in basso le ceste di frutta e verdura colorata accanto alla mitica bilancia Berkel.
I fratelli Sabrina, Pucci e Carlo Piazza portano avanti la locanda aperta dalla mamma Rina 42 anni fa
nei locali dedicati al ristoro già nel 1400. Oggi, però, i sapori forti della terra emiliana sono interpretati dallo chef Tomohide Nakayama e della pasticcera Yurika, entrambi giapponesi. I tortelli di ricotta e spinaci al burro e salvia, i pisarei e fasò, il risotto al rosmarino decorato con bocconi di salsiccia, gli gnocchi farciti di baccalà al basilico in consommé di pomodoro, sono ancora i piatti forti.
PER UN LUNCH ESTIVO
decido di sperimentare, “L’inizio”, l’insalata estiva di polpo, zucchine e avocado, pomodori confits, condita con erba cipollina e citronette. Mi riprometto di tornare per provare l’insalata di merluzzo e lo storione in salsa di olio e limone. Ma
i commensali-turisti che stanno riscoprendo le dolci colline del Trebbia apprezzano assai il petto d’anatra in cottura rosata e salsa alla sangria o la tartare di fassona
che arriva dalla fattoria di Moncalvo. Il chilometro zero in queste zone è soprattutto una questione di orgoglio.