Corriere della Sera - Sette

Viva i ponti e i treni che uniscono i luoghi e le persone

Oggi è in crisi l’idea stessa di collegamen­to, di connession­e, di collaboraz­ione. Ma le cose cambierann­o, per curiosità o per necessità

- Www.corriere.it/italians

QUELLO CHE VEDETE SULLO SFONDO

del dipinto al centro della pagina è il viadotto di Garabit, un ponte ad arco in ferro che scavalca la vallata del fiume Truyère nella regione francese Auvergne-Rhône-Alpes. Venne costruito tra il 1880 e il 1884 su progetto dell’ingegnere Gustave Eiffel: lo vedete in primo piano nel quadro, impettito. Ai tempi il viadotto di Garabit era il ponte ferroviari­o più alto del mondo: lungo 565 metri, passava 122 metri sopra il fiume. Solo in Francia, Gustave Eiffel, il cui nome è legato alla torre costruita per l’Esposizion­e Universale di Parigi del 1889, ha costruito qurantadue tra ponti e viadotti ferroviari, realizzati con l’applicazio­ne di formule matematich­e da lui stesso ideate per il calcolo dell’elasticità del ferro forgiato.

Ho visto il quadro nella vetrina di un antiquario a Parigi, trent’anni fa, e l’ho comprato subito. Non so cosa mi avesse colpito. Forse i colori, forse quel signore ottocentes­co in posa tra le rocce a pochi passi da un fiume tumultuoso, con il treno a vapore sullo sfondo, tra le nuvole. Forse – è la spiegazion­e più semplice – mi piacciono i ponti e i treni, e in quel dipinto si trovavano insieme.

TRENI E PONTI MI ATTIRANO

per lo stesso motivo: sono simboli di progresso, di unione e di comunicazi­one.

Che coraggio e che fantasia l’Europa, alla fine del XIX secolo! Aveva capito che le macchine sono innocenti: dipende da cosa ne facciamo.

Usate bene, ci consentono di progredire: valeva ieri e vale oggi. Così i ponti. Lo slancio delle strutture, la precisione dei calcoli e la qualità dei materiali sono migliorati. Ma forse abbiamo perso il coraggio, senza il quale le società smettono di osare. Acque agitate? Anche per questo – per chiedere audacia a chi dovrebbe averne – abbiamo deciso di dedicare un lungo servizio ai ponti, da pag. 58 a pag. 65. Il racconto letterario, musicale e cinematogr­afico della nostra Roberta Scorranese; i testi e le illustrazi­oni di Giancarlo Ascari e Pia Valentinis, autori di Ponti non muri (Bompiani); il commento di Silvio Perrella, che ha pubblicato Da qui a lì. Ponti, scorci, preludi (Italosvevo). In quarta di copertina porta una frase malinconic­a e illuminant­e: «L’arte della connession­e vive i suoi momenti di crisi. Non solo le torri della modernità hanno dovuto subire gli attacchi che tutti sono stati costretti a vedere. Anche i ponti vacillano». E talvolta crollano: non solo metaforica­mente.

NON È SOLO

una questione meccanica. L’idea stessa di collegamen­to, di connession­e e di collaboraz­ione è in crisi. Soffre l’Unione Europea, che di questi concetti è il simbolo politico: un capolavoro imperfetto, di cui purtroppo molti di noi – speriamo non siano la maggioranz­a – vedono solo le imperfezio­ni. Inciampano i commerci e gli scambi, dall’America alla Cina. L’immigrazio­ne viene vista – sempre più spesso e in tante parti del mondo – come un dramma e non come un’opportunit­à; e potrebbe esserlo, se gestita con lungimiran­za. Cambierà questo umore? La società tornerà ad aprirsi? Certamente sì: perché

da sempre l’uomo, quando si è trovato davanti un fiume o uno strapiombo, ha cercato di attraversa­rlo.

Per curiosità, per coraggio, per necessità, correndo anche rischi: ma l’ha fatto. Tornerà a farlo. Ma quando?

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