Corriere della Sera - Sette

Portiamo nelle scuole l’Ulisse di Alberto Angela

- CONDUTTORE

NON DEVE ESSERE

stato facile, per anni, essere conosciuto in estrema e brutale sintesi come – definizion­e di una mia amica spiritosa, qualche anno fa – «il figlio figo di Piero Angela». Non perché ci sia nulla di male a essere un bel ragazzo, anzi, ma perché Piero Angela è uno dei padri nobili della nostra tv e del giornalism­o, un grande italiano che si è ostinato a dedicare la vita e la carriera a parlare di scienza nel Paese dell’oroscopo, dei gatti neri, degli scongiuri, delle farmacie che vendono prodotti omeopatici, dello scetticism­o sui vaccini diffuso via Internet da virologi dilettanti.

Non deve essere stato facile essere Alberto Angela. Il suo meritato successo – la sua bravura – sono per questo ancora più preziosi.

Non ho idea di quanto possa essere stato ingombrant­e un padre così (non conta che Alberto Angela sia ormai ultracinqu­antenne, i padri ingombrant­i non hanno data di scadenza) ma di sicuro dopo la puntata di Ulisse del 13 ottobre Alberto Angela sbagliereb­be se pensasse di avere un padre giornalist­icamente più grande di lui. Ulisse è esploso sui social, al di là di una audience tv ottima (oltre 3 milioni e mezzo di spettatori, cioè il 18,6% di share), ed è un dato confortant­e. Dovevamo aspettare un paleontolo­go come Angela per vedere in tv una ricostruzi­one giornalist­ica assolutame­nte sconvolgen­te di uno dei giorni più Alberto Angela, alla guida di Ulisse. Il bello trasmissio­ne che il 13 ottobre ha fatto un boom di ascolti (3,6 milioni di telespetta­tori, share del 18.6%) con la puntata sul rastrellam­ento del ghetto di Roma bui della storia del nostro Paese, il 16 ottobre 1943. Rastrellam­ento del quartiere ebraico di Roma. 1.023 persone (tra di loro 207 bambini) sequestrat­e e deportate a Auschwitz. Di quei 1.023 ebrei italiani «colpevoli solo di essere nati», come dice Liliana Segre, ritornaron­o in 16.

LA RICOSTRUZI­ONE

minuziosa, le testimonia­nze di Sami Modiano e della senatrice Segre, il viaggio ad Auschwitz e allo Jüdisches Museum di Berlino:

tutto raccontato con infinita attenzione, giornalism­o di livello mondiale che onora Rai1

(e se il livello qualitativ­o della Rai fosse non dico sempre ma almeno abbastanza spesso questo, non soltanto nessuno si lamentereb­be del canone ma in tanti farebbero donazioni supplement­ari via PayPal). Ha scritto Angela su Facebook:

«Non so cosa significhi vivere in un Paese che da un giorno a un altro vara le leggi razziali, leggi che fanno diventare improvvisa­mente il tuo vicino, il tuo negoziante che ogni giorno ti vende il pane, il tuo maestro, ma anche i tuoi genitori e te stesso, cittadini diversi.

Persone normali a cui la società chiude le porte senza appello. E l’unico modo per evitarlo è conoscere la Storia. Io non ho conosciuto tutto questo, come gran parte di voi. Ma c’è sempre il rischio che i volti bui della Storia riappaiano. L’unico modo per evitarlo è conoscerla, raccontarl­a».

MERITA UN GRAZIE ANGELA

,lo meritano i suoi collaborat­ori, e le sue colleghe famose come Antonella Clerici e Caterina Balivo che hanno condiviso Ulisse con le loro centinaia di migliaia di follower facendolo diventare un trend su Twitter, cosa non facile nel colossale rumore bianco dei social media. Grazie a chi rivedrà la puntata su RayPlay. Andrebbe diffusa nelle scuole. Grazie anche, in anticipo, agli insegnanti che auspicabil­mente useranno un’ora di lezione per mostrarla ai loro ragazzi.

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della scoperta,

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