Le nuove, antiche migrazioni figlie della disperazione e della tecnologia
Abbiamo l’impressione di essere davanti a un fenomeno nuovo, come dimensioni e come dinamiche. È così, o siamo vittime di un’illusione ottica?
L’HOMO SAPIENS
ha iniziato a lasciare l’Africa tra 75mila e 150mila anni fa (esistono diverse ipotesi). Gli uomini, le donne e i bambini che, in questi anni, rischiano la vita nel Mediterraneo per arrivare in Italia, perciò, non costituiscono una novità. Eppure la sensazione è di essere di fronte a una svolta.
NEL MONDO ESISTONO
una ventina di corridoi migratori: alcuni noti (Libia-Unione Europea, Messico-Usa), altri meno (Russia-Kazakhstan, e viceversa). Gli esseri umani migrano per tanti motivi. I principali sono tre: fame, paura, speranza. Queste ragioni comprendono le altre: cambiamenti climatici e guerre civili, persecuzioni e ricerca di lavoro. Anche noi italiani, nel tempo, ci siamo spostati in cerca di una vita migliore: verso l’Argentina e gli Stati Uniti, in Nordeuropa e in Australia.
Ma oggi abbiamo l’impressione di essere davanti a un fenomeno nuovo, come dimensioni e come dinamiche. E’ così, o siamo vittime di un’illusione ottica?
LA RISPOSTA È RISCHIOSA,
ma azzardiamola: le migrazioni contemporanee sono diverse. Non per i numeri o le ragioni di fondo: guerra e miseria non sono marchi del XXI secolo. La differenza sta nelle modalità. I migranti, oggi, sono più informati; e noi siamo più informati su di loro. Chi parte è a conoscenza delle rotte, delle opportunità, dei rischi. I migranti spesso hanno accesso a un telefono collegato a internet. Leggete i racconti dalla Bosnia (pag 24-27) e dal Niger (pag 28-31). Andate a riprendere 7 del 19 ottobre, dove abbiamo raccontato come Facebook sia diventata un’involontaria vetrina per i trafficanti d’uomini.