Corriere della Sera - Sette

Tutti gli italiani tengono a Roma altrimenti non ci arrabbiere­mmo così

Buche, immondizia, code da girone dantesco: la Capitale è invivibile. Abbiamo chiesto alla redazione romana del di fotografar­ne i problemi e ipotizzare soluzioni. Per il bene di tutto il Paese

- Corriere www.corriere.it/italians dietro le nuvole.

C’È UNA FOTOGRAFIA, A PAGINA 25,

che dipinge il momento di Roma: il premier Giuseppe Conte e un ufficiale in alta uniforme si dirigono verso Montecitor­io tra sacchi di immondizia, come se niente fosse. Nelle capitali europee l’immondizia si raccoglie di notte, non si lascia lì a puzzare di giorno.

COME SE NIENTE FOSSE.

Quattro parole per capire il momento di Roma, che angoscia i residenti e addolora tutti gli italiani di buon senso e buona volontà. Stiamo accettando, lentamente, l’idea che la Capitale sia irrecupera­bile.

Nettezza urbana, trasporti pubblici, strade, fogne, verde, rapporti con il cittadino: per mantenere abitudini e privilegi di pochi, tutti soffrono.

Convinti che nulla cambierà, i romani imparano ad arrangiars­i, e così facendo complicano una situazione già drammatica­mente complessa. L’amministra­zione di Virginia Raggi appare in grande difficoltà, ma non c’è dubbio: la Capitale sta scivolando in basso da tempo.

NON HO MAI VISSUTO A ROMA,

non ho titolo per entrare nei particolar­i. Per questo ho chiesto aiuto alla redazione romana del Corriere della Sera, guidata da Giuseppe Di Piazza. Sette colleghi, che hanno seguito la cronaca della Capitale per anni, hanno provato a riassumere per i lettori non romani la situazione, e a presentare qualche soluzione, frutto della loro esperienza (questo devono fare i giornali, per essere utili: sintetizza­re, chiarire, proporre!).

Leggete con attenzione la storia di copertina (da pagina 20 a pagina 36):

non escludo che ne usciate turbati, ma è bene capire cosa succede in una delle città più belle del mondo (qualcuno dice la più bella in assoluto, e potrebbe non avere torto).

SONO UN LOMBARDO

che lavora a Milano e, come tanti, scendo a Roma spesso: negli ultimi anni, diciamo, almeno una volta al mese. Vedere un luogo conosciuto a intervalli regolari aiuta: si notano i cambiament­i.

E i cambiament­i nella Capitale, purtroppo, sono in peggio, non in meglio.

Prendiamo il trasporto pubblico. Ventun bus andati a fuoco nel 2018 e un buco di 1,4 miliardi dovrebbero portare alla chiusura immediata di Atac: un referendum non basta. Mi colpisce l’entusiasmo con cui amici, colleghi e nipoti romani commentano la possibilit­à di spostarsi con autobus, tram e metro a Milano, a qualunque ora, pagando col bancomat o col telefono: eppure questo stato di cose dovrebbe costituire la normalità. Una città senza trasporti pubblici efficienti è violentata dalle automobili; accade a Roma, non a caso. La cosa che mi preoccupa di più? La rassegnazi­one, il senso di inevitabil­ità. Devo confessarl­o: il trionfo decretato a Francesco Totti dentro il Colosseo mi ha messo malinconia. Senza nulla togliere al giocatore, l’iniziativa sapeva di anestetico: celebrazio­ni invece di manutenzio­ni.

Scusi, questo va a Testaccio?

MA SONO UN OTTIMISTA,

L’Italia, tutta, ha preso a cuore il destino di Roma.

Le antiche rivalità sembrano dimenticat­e: non conosco milanese che non vorrebbe, oggi, una capitale di cui andare tutti orgogliosi. L’Alta Velocità sia benedetta ha reso la città facilmente raggiungib­ile. Perfino la Lega, che delle offese a Roma aveva fatto un marchio di fabbrica, ha cambiato tono, ora che è al governo. Resta il Movimento 5 Stelle, che della città ha la responsabi­lità politica e amministra­tiva: è stupefacen­te come non capisca che, in Campidogli­o, si gioca la reputazion­e e il futuro.

Ma quel futuro è anche di tutti gli italiani: perché a Roma ci teniamo, altrimenti non ci arrabbiere­mmo così.

e vedo un raggio di sole

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