Rigenerare Lisbona e Berlino senza bullismo immobiliare
RESISTENZA. ORGOGLIO. IDENTITÀ.
Potrebbero essere tutte parole chiave di questa storia. Starebbero bene indosso a ciascuno degli inquilini di palazzo Santos Lima, nel centro di Marvila, una delle aree industriali di Lisbona ormai dismesse.
Qui, un edificio di due piani lungo un centinaio di metri, diroccato ai limiti della fatiscenza, è diventato la punta di diamante del tentativo di una grande operazione immobiliare. “Ideale per essere trasformato in apart-hotel o uffici”, propone l’annuncio online della società proprietaria che l’ha messo in vendita a 7,2 milioni di euro.
Prezzo di mercato, vi direbbe l’agente.
Fuori mercato, invece, per le diciassette famiglie che ci vivono e non si fanno scoraggiare da caselle di posta rotte, pavimenti sconnessi e sporchi, ringhiere arrugginite, fili della corrente volanti. Loro non intendono levare le tende, forti di contratti anteriori al 1990: una delle condizioni che, per la legge portoghese, le protegge dallo sfratto, oltre ai 65 anni compiuti degli affittuari e, soprattutto, ai redditi bassi.
ECCO IL PUNTO: GLI INQUILINI sono poveri. Inoltre, questo è da sempre il loro quartiere. Senza scomporsi, lottano contro il “bullismo immobiliare” (come lo chiamano) messo in atto dai proprietari,
che avrebbero (ma loro negano) anche cambiato la serratura al portone d’ingresso senza distribuire le chiavi. Marvila, in realtà, è già in trasformazione: in altri edifici ha aperto un birrificio artigianale e sta per farlo lo spazio di co-working per start-up più grande del mondo. La chiamano “rigenerazione urbanistica”. Ma la vera parola (chiave) è “gentrificazione”. È un inglesismo, viene da gentry – era la piccola nobiltà inglese, poi borghesia – e indica tutti i cambiamenti urbanistici e del tessuto sociale di un’area abitata dalla classe operaia, conseguenti all’acquisto di immobili da parte di popolazione più abbiente.
Fenomeno ormai noto in tutto il mondo:
da New York a Londra e Milano, la gentrificazione ha trasformato molte realtà metropolitane. È una parola duplice, spesso positiva, altrettanto spesso contestata.
Parte del fascino delle città che più attirano la classe creativa sta proprio nella possibilità di vivere in quartieri con una storia radicata ma al tempo stesso innovati da strutture imprenditoriali moderne e caffè alla moda. Il rovescio della medaglia è però spesso rappresentato dal fatto che i vecchi laboratori artigiani, i piccoli negozi d’epoca e le comunità locali sono costretti a sloggiare dai prezzi di immobili e consumi diventati troppo alti.
GLI ABITANTI DI SANTOS LIMA
hanno deciso di combattere. Come Asterix & Co., circondati dalle legioni romane. Ma a differenza dei Galli da fumetto, non sono soli. A Barcellona proliferano le lotte dei sindacati d’inquilini. A Los Angeles la protesta s’è fatta più dura, con minacce e manifestazioni nei quartieri dei messicano-americani. Un modello di riferimento non c’è, una vittoria sì. Quella dei cittadini di Kreuzberg, quartiere operaio nell’ex Berlino Ovest, pieno di artisti e circoli alternativi.
Da due anni hanno fatto muro contro Google: voleva aprire un campus per start-up nella vecchia centrale elettrica. Avrebbe cambiato i connotati della zona. In meglio? Per chi?
E chi può dirlo? Di sicuro c’è solo che il colosso high-tech ha appena deciso di rinunciare. Nella ex centrale entrerà la Casa per l’impegno sociale. La gentrificazione dovrà cercare un nuovo indirizzo.