La cura degli anziani riavvicina Cina e Giappone
I PAZIENTI VENGONO STIMOLATI
a parlare, sono coinvolti con esercizi fisici, compreso il ping pong, e accolgono i parenti in visita con un sorriso, mostrando lenti ma continui miglioramenti. I miracoli non li fa nessuno, ma in Cina, le case di riposo Mcs per pazienti affetti da demenza senile di Nantong, Guangzhou (l’ex Canton) e Tianjin, funzionano bene al punto che presto apriranno nuove sedi a Pechino, Xian e, soprattutto, a Nanjing.
Non è un posto qualsiasi.
Non era scontato che le residenze per anziani malati del più grande gruppo nipponico del settore (qui in joint venture con un colosso di Stato cinese) si insediassero nella città che rappresenta la ferita mai veramente rimarginata fra Cina e Giappone:
in quella Nanchino – come la chiamiamo noi – assalita il 13 dicembre del 1937 dalle forze armate di Tokyo che uccisero trecentomila persone e violentarono migliaia di donne. Uno “Stupro” (o “Massacro”), come è ricordato da allora, che ancora scalda gli animi revanscisti di molti cinesi: da quattro anni la ricorrenza è divenuta lutto nazionale e lo stesso presidente ha partecipato alle celebrazioni.
MA “PIÙ CHE ‘L DOLOR
poté ‘l digiuno”, poetava Dante sulla morte del conte Ugolino, sopraffatto dalla fame più che dalla sofferenza per la scomparsa dei figli; qui si potrebbe parafrasare:
più del nazionalismo poté la demografia.
La Cina, infatti, è in un momento cruciale: gli ultrasessantenni sono oltre
220 milioni (quasi un abitante su cinque), all’incirca la proporzione del Giappone di trent’anni fa, quando Tokyo prese coscienza di essere inesorabilmente il Paese a più alto invecchiamento del mondo. Oggi invece, tra politica del figlio unico e aspettative di vita sempre più lunghe, è la popolazione cinese a ingrigirsi più rapidamente di tutte le altre dell’Asia (il Vietnam segue da vicino).
Ma se la Cina si preoccupa dei propri vecchi, i giapponesi sanno prendersene cura meglio: nel Global AgeWatch Index, i nipponici sono primi in Asia e ottavi al mondo (dove la Cina è 52ª). E già da tempo hanno trasformato questa capacità in business: nel Sol Levante sono in commercio 40mila prodotti per la cura degli anziani, dalle pantofole ortopediche ai letti regolabili. In Cina si sono fermati per ora a duemila. In particolare, poi, fra gli anziani cinesi la demenza senile è in rapida crescita: i malati sono dieci milioni, diventeranno 23 nel 2030. Così i giovani che si trasferiscono dalle campagne nelle città per lavorare, e non possono occuparsi come da tradizione di genitori e nonni con malattie degenerative, devono trovare chi lo faccia per loro, e bene. E l’approccio proveniente da Tokyo, più attivo, piace parecchio.
SE LE CASE DI RIPOSO
alla giapponese si diffondono in Cina, però, è anche per una condizione geopolitica favorevole: la politica estera di Donald Trump. Con la sua conflittualità a tutto campo,
il presidente americano è riuscito a spingere Pechino e Tokyo verso il dialogo. La cura degli anziani è una delle aree di cooperazione fra le due potenze economiche
indicate dai leader durante la visita del premier giapponese Shinzo Abe in Cina. Dimenticare Nanchino, 81 anni dopo? Difficile, non impossibile. Gli anziani di cui i giapponesi si propongono di aver cura sono in gran parte nati dopo quella tragedia.