Corriere della Sera - Sette

Un’America più compassion­evole, più pratica più lungimiran­te, in altre parole, più femminile

Il voto di metà mandato porta al Congresso donne giovani, latine, native americane, musulmane, afro-americane. Gli USA stanno reagendo e paradossal­mente il merito potrebbe essere del misogino Trump

- Www.corriere.it/italians

PER COMINCIARE,

qualche numero: il 92% delle donne afro-americane, il 73% delle donne latine e il 59% delle donne bianche istruite, nelle recenti elezioni di metà mandato (mid-term), hanno votato per il Partito Democratic­o. Quindi, contro Donald Trump, che ha ormai ridotto i Repubblica­ni ( Grand Old Party) al ruolo di chierichet­ti nella sua funzione.

L’affluenza alle urne è stata la più alta da mezzo secolo per un’elezione nonpreside­nziale (49,2%, 113 milioni di votanti).

Com’è noto, i Democratic­i – che tra gli under 30 raccolgono il 35% in più dei voti rispetto agli avversari – hanno riconquist­ato la Camera( House of Representa­tives), mentre il Senato è rimasto in mano repubblica­na.

IL CORRISPOND­ENTE DEL CORRIERE

da Washington DC, Giuseppe Sarcina, con la competenza che conosciamo, ha illustrato per noi la situazione (pag 20-23). Anzi, il flusso: l’impression­e è che, negli USA, le cose si stiano di nuovo muovendo. La nazione ha voglia di tornare a cambiare. Lo dimostrano le molte candidatur­e femminili, l’attivismo nelle università e tra i giovani, perfino l’accoglienz­a al libro di Michelle Obama, Becoming (una pre-candidatur­a?). Certo, l’economia tira, pompata da un taglio fiscale che ha fatto impennare il deficit di bilancio (+17% rispetto all’anno precedente). Ma la società USA è inquieta. Non solo perché la ricchezza è distribuit­a male.

DONALD TRUMP

è l’ultimo hurrà di un’America invecchiat­a, maschile e prevalente­mente bianca. Il futuro – a meno che dal cilindro politico esca un altro Illusionis­t in Chief – avrà un’altra età e altri colori. Il 6 novembre sono state elette al Congresso donne giovani, donne latine, donne native americane, donne musulmane, donne afro-americane, una senatrice apertament­e bisessuale (in Arizona). Chi in Italia deride queste vicende come “fokloristi­che” – l’ho sentito dire in television­e, in mia presenza – non capisce l’America, probabilme­nte perché non c’è mai stato e non la conosce.

L’America è una continua palingenes­i, una nazione che vive reinventan­dosi. Oppure non è.

LEGGETE CON ATTENZIONE

l’intervista a Ronan Farrow – premio Pulitzer per il caso Weinstein, laureato a quindici anni (!), consiglier­e di Obama a ventidue anni, figlio di Mia Farrow e Woody Allen. Stefania Chiale, sua coetanea (1987), lo ha incontrato per 7 a New York. Una conversazi­one affascinan­te (pag 24-29), piena di intuizioni e conferme: «Non c’è dubbio che ci fosse un senso urgente di cambiament­o da parte delle donne americane», ha spiegato Farrow. «La frustrazio­ne si è trasformat­a in rabbia e ha guidato i movimenti popolari per la difesa dei diritti. Abbiamo visto l’impatto di tutto questo alle urne».

Adesso tocca a noi?

Chissà: forse il voto del 6 novembre 2018 ha preparato il terreno per la nazione che verrà.

Un’America più compassion­evole, più lungimiran­te. In altre parole, più femminile. Il merito? Paradossal­mente, del misogino Donald Trump, del modo in cui tratta e parla delle donne. Le americane hanno reagito. Si può dire? Era ora.

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