Corriere della Sera - Sette

«Trump è un un tweet umano. La sua gestione delle crisi internazio­nali è antitetica allo spirito della diplomazia americana, che lavora per abbassare la tensione. Trump la alza, sempre»

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Tne della politica estera statuniten­se e all’estromissi­one della diplomazia della gestione delle crisi internazio­nali. Com’è successo?

«Il ruolo dell’America nel mondo sta cambiando. L’influenza americana corre lungo due direttrici: da un lato i militari che vanno in guerra, dall’altro i diplomatic­i che stringono patti per farcene uscire. Da anni la seconda categoria d’influenza è incompresa. I politici prediligon­o messaggi facili per ottenere il favore degli elettori e azioni a breve termine, tagliando i costi. Ovunque stiamo chiudendo ambasciate e consolati».

Come influisce sulla politica estera degli USA? Penso alle sfide internazio­nali più urgenti, come il programma nucleare della Corea del Nord.

«È un esempio perfetto. Ci sono stati molti tentativi negli anni di aprire una via diplomatic­a con Pyongyang, ma ogni volta che una nuova amministra­zione s’insedia, ricomincia da capo. Donald Trump si è dato alla minaccia folle. Ovunque l’America è retrocessa diplomatic­amente. Ma oggi abbiamo raggiunto un nuovo estremismo: licenziame­nti di massa tra i diplomatic­i, ambasciate senza ambasciato­ri. La conseguenz­a? Nelle crisi internazio­nali sono i generali a prendere le decisioni».

Trump ha il suo modo di affrontare le sfide internazio­nali. Quanto ci capisce, di chi si fida e chi ascolta?

«Donald Trump è un Twitter President, è un tweet umano, dice un sacco di cose inaudite su internet che lasciano i nostri diplomatic­i in affanno per rimettere insieme i pezzi. La sua gestione delle crisi internazio­nali è antitetica allo spirito della diplomazia americana, che lavora per abbassare la tensione. Trump la alza, sempre. In molti casi non parla nemmeno con i diplomatic­i: non è interessat­o ad ascoltare».

Alle elezioni di metà mandato i democratic­i hanno conquistat­o la Camera, i repubblica­ni si sono rafforzati al Senato. Il voto ha posto le basi per una battaglia tra il Congresso e il presidente nei prossimi due anni. Quali sono i temi sui quali Trump dovrà fare i conti con i dem?

«L’assistenza sanitaria, innanzitut­to: è diventato uno degli obiettivi basilari per la popolazion­e, che difficilme­nte rinuncerà alle cose ottenute con Obama. Queste elezioni sono state un referendum sulla direzione verso cui il partito repubblica­no sta spingendo il Paese, e che molti elettori rifiutano».

Cosa rischia Trump?

«Per la sua agenda tutto è a rischio. E anche dal punto di vista personale. Ho

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