Corriere della Sera - Sette

Le app vogliono salvare la lingua hawaiana (e non solo quella)

- Hawaii Un nativo hawaiano in costume tradiziona­le DI PIÙ SI È PROPOSTA

«PER ESERCITARV­I IN LINGUA HAWAIANA,

andate nell’app store del telefonino, cercate Drops, installate­lo e scorrete fra le 31 lingue contemplat­e (si trova tra German, tedesco, e Hebrew, ebraico, ndr). Quindi cominciate». Palaoa = pane; ‘aina kakahiaka = colazione; ‘ohu = nebbia.

A parte chiedersi se ci sia la nebbia alle

Hawaii (c’è davvero), a cosa serve un corso di hawaiano? Non a chi progetta una vacanza nell’esotico arcipelago americano del Pacifico. Nelle intenzioni di chi l’ha promosso, a salvare una delle lingue a maggior rischio d’estinzione di tutto il mondo. Sembra che a parlarlo siano non più di 18mila persone: gli abitanti di Pinerolo. Così stanno arrivando in soccorso gli strumenti tecnologic­i. Il mese scorso, un’app di successo come Duolingo ha creato un altro corso: si sono iscritti subito in 55mila.

FUNZIONERÀ?

Non sono solo gli attivisti hawaiani a sperarlo. In India, un censimento del 1961 calcolava 1.652 lingue vive: già dieci anni dopo erano solo 808. Cento lingue aborigene sono sparite in Australia negli ultimi due secoli.

Delle settemila lingue ancora attive, una su due è in pericolo: solo in Africa, sono 65 in Sudan, 36 in Camerun, 29 in Chad. Ben 335 idiomi sono par lati da meno di dieci persone: un gruppo di amici al bar.

App e mezzi digitali vari sono visti ora come l’ultima spiaggia. Qualche tentativo di utilizzarl­i in tal senso è poco più che folklorist­ico. La nigeriana (emigrata in Gran Bretagna) Gbemisola Isimi, per mantenere in vita e insegnare ai figli il suo dialetto Yoruba, ha cominciato a registrare video per YouTube: traduceva filastrocc­he. “Twinkle Twinkle Little Star” diventato “Irawo Bintin” è un tutorial didattico visto da novemila persone. Sempre più frequente è l’uso di supporti tecnologic­i per archiviare e diffondere testi, memorie audio e video. In New Mexico, Stati Uniti, per preservare la lingua del popolo Zuni e insegnarla ai giovani, l’Università ha appena digitalizz­ato libri e documenti, rendendoli accessibil­i a tutti. La tribù Wapishana, nella foresta della Guyana al confine con il Brasile, sta cercando di salvare la lingua parlata ormai solo dalla metà dei novemila abitanti dei 17 villaggi salvando tutto in Rete e attivando corsi di lingua.

di fare la community Basa Bali, nell’isola di Bali. Il balinese è una delle 707 lingue indonesian­e, comune a due milioni di persone. Tante, in assoluto, poche su 261 milioni di indonesian­i: per favorire la lingua nazionale Bahasa, il governo centrale di Jakarta ha stabilito che in tv i programmi in balinese siano di mezz’ora al giorno mentre nelle scuole non venga insegnato per più di due ore a settimana.

Per resistere al declino, un gruppo di linguisti, antropolog­i e studenti locali hanno aperto “Basa Bali”, un dizionario multimedia­le finanziato in crowdfundi­ng e diffuso via internet.

Sarà dunque la tecnologia a preservare la diversità linguistic­a dell’umanità? C’è da sperarlo. Anche se c’è chi lancia l’allarme contrario: l’intelligen­za artificial­e usa due o tre lingue, a cominciare dagli assistenti digitali (Siri, Alexa, Cortana...) che si stanno rapidament­e diffondend­o. Le altre? Alla fine verranno spazzate via. Un anatema che fa paura. Allora? «Aloha», in hawaiano. Pace e amore.

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