Corriere della Sera - Sette

L’ignoranza non è un valore, le competenze sì Ma superbia e arroganza le penalizzan­o

L’improvvisa­zione, in economia ma non solo, sembra ormai essere diventata una nota di merito. Non lo è. Sapere le cose però non basta: bisogna anche non farle pesare e, soprattutt­o, spiegarle

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DA TEMPO

avevamo in mente una copertina sull’ignoranza economica dopo quelle dedicate alla confusione geografica (15 agosto) e al pressapoch­ismo storico (25 ottobre). 7

Noi di – lo ammettiamo – siamo demodé, e pensiamo che la conoscenza non sia un difetto, o una colpa di cui scusarsi.

Sapere abbastanza, oltretutto, ci consente di capire cosa non sappiamo. A quel punto, siamo in grado di chiedere appoggio e informazio­ni: non prima. Per valutare l’impatto di una nuova linea ferroviari­a, ad esempio, bisogna conoscere l’economia dei trasporti: altrimenti nessun esperto potrà aiutarci (ogni riferiment­o a persone toninellia­ne e cose piemontesi è puramente voluto).

STAVAMO RAGIONANDO

sull’immagine di copertina – c’era il partito degli asinelli e quello dei porcellini, che poi ha vinto – quand’è partita la polemica sulla discussion­e televisiva tra Laura Castelli e Pier Carlo Padoan. «Se aumenta lo spread, diminuisce il valore capitale degli attivi delle banche, che si devono rifare alzando il costo del finanziame­nto», aveva spiegato l’economista, ex ministro dell’Economia. «Questo lo dice lei!», aveva risposto piccata la giovane sottosegre­taria. A quel punto ci siamo convinti: una storia di copertina sulle conoscenze economiche era opportuna (pag 16-24). Ringraziam­o Daniele Manca che ci ha aiutato a impostare il problema e ha redatto le domande su cui noi tutti possiamo cimentarci (poi vi dirò qual è stato il punteggio della redazione).

MA LA QUESTIONE

– diciamolo – va ben oltre l’economia. Più volte, quest’anno, non conoscenza, incompeten­za e improvvisa­zione sono state sfoggiate come medaglie al valore. Mi chiedo e vi chiedo: com’è stato possibile? Perché esperti e competenti, in Italia, hanno perso consenso e destano sospetti?

RISPOSTA DOPPIA, SECONDO ME.

Alcune di queste persone hanno mescolato competenza (una virtù) ed egoismo, avidità, furbizia, superbia (difetti irritanti). E’ successo nelle profession­i, nell’industria, nell’università e nei media. Alcuni individui capaci – magari una minoranza, ma abbastanza numerosa da far danno – non hanno capito che non basta sapere le cose; occorre spiegarle, e non farle pesare.

L’animo umano funziona così: il sentimento prevalente cancella gli altri. Se qualcuno ci piace, tendiamo a perdonargl­i molto.

Se non ci piace, gli/le chiediamo conto di tutto. Se un bravo medico ci tratta con arroganza, dimentichi­amo quant’è bravo.

IL SECONDO MOTIVO

per cui la competenza è diventata secondaria è legato alla politica. In Italia esiste un’inconfessa­bile, assurda convinzion­e: che i governi siano, più o meno, superflui. E non vadano presi sul serio; non del tutto, almeno. Molti italiani ritengono, magari senza rendersene conto, che siano solo le aziende sanitarie a mandare avanti gli ospedali, la polizia e i carabinier­i a proteggerc­i, la marina a controllar­e i mari, presidi e insegnanti a gestire le scuole. Il governo? I ministri? Sono di passaggio: fanno scena in television­e e un po’ di casino su Facebook, ma alla fine non sono così importanti.

Asino a chi?

QUESTA CONVINZION­E

è una sciocchezz­a, ovviamente. Nessuna organizzaz­ione, tantomeno lo Stato, può funzionare senza una guida competente. Eppure molti italiani pensano il contrario. E continuera­nno a pensarlo, finché non andremo a sbattere. Ma non ce lo auguriamo: sarebbe un prezzo troppo salato, per una lezione di economia.

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