Un bagnino senza mare
TANTI ANNI DI VIAGGI,
eppure non mi abituo mai. Mentre l’aereo atterra, le città mi sembrano comprensibili. Tutte le città. A qualunque ora, a qualsiasi latitudine. La sera più che di giorno, forse. Ma l’effetto calmante dell’atterraggio non manca mai. A Roma e a Londra, a Pechino e a Montevideo, a Baghdad e a Kabul, a Sydney e a Jakutzk, dove il fiume blu disegna il verde siberiano.
Il mondo sembra lineare, l’umanità ordinata, la tranquillità assicurata. So che non è così, ovviamente: ma è come se la mente del viaggiatore avesse bisogno di certe immagini, per potersi consolare.
Il lavoro di Massimo Sestini mi affascina perché consente di perpetuare questa illusione spettacolare, e quasi infantile. L’uomo che, insieme con Vittorio Zincone, ogni settimana, ci consegna una Intervista in movimento, ama fotografare dall’alto.
Picchi alpini e grattacieli non bastano più; ci vogliono gli elicotteri, gli aeroplani e soprattutto i droni, con cui oggi è impossibile competere. Il drone – solo e avventuroso – sale nel cielo e ci consegna l’immagine del mondo in pianta, la terra degli uomini visti dalla perpendicolare.
Nessun nostro progenitore – neppure Icaro – l’aveva mai visto così.