Quanto si somigliano Niccolò Paganini e Jimi Hendrix!
della mostra: «C’è un prima e un dopo Hendrix nella storia della chitarra, e c’è stato un prima e un dopo Paganini nella storia del violino: il rapporto con lo strumento, il virtuosismo, le spettacolari performance in pubblico, i concerti affollati, sono alcune delle affinità tra i due, che in tempi diversi e con la stessa straordinaria potenza hanno rivoluzionato la musica».
Niccolò Paganini e Jimi Hendrix insieme per la prima volta. È un’esaltazione delle loro affinità la mostra Paganini Rockstar che il Palazzo Ducale di Genova ospiterà fino al 10 marzo.
Un punto di vista stravagante sul cittadino genovese più illustre che – sia detto con le dovute cautele – viene presentato come un rockettaro ante litteram, in un certo senso come l’inventore stesso del rock. Dice il sito dedicato: «Attraverso una narrazione originale e multimediale, la mostra mette in scena l’artista Paganini e, come da dietro le quinte di un teatro, ricrea la magia dello spettacolo, rivela la costruzione del mito e ne lascia emergere tutta l’attualità».
E QUALE PUÒ ESSERE
il mitico Guarneri del Gesù che chiamava «il mio cannone», che lui stesso regalò alla città di Genova e che adesso è esposto nella mostra di Palazzo Ducale, accanto a un frammento della Fender Stratocaster che Jimi Hendrix fece a pezzi sul palco del Monterey Pop Festival. Il nostro Hendrix dell’Ottocento raggiunse livelli di virtuosismo così incredibili da guadagnarsi l’appellativo di violinista del diavolo, nomignolo un po’ usato per accrescere la sua fama e un po’ temuto quando confessava agli amici: «Mi rincresce si propaghi l’opinione che io abbia il diavolo addosso». Ara Malikian, libanese di origine armena, classe 1968, è indicato come l’erede del violinista Niccolò Paganini
l’attualità da leggere in chiave rock di un personaggio come Paganini? La cura maniacale della propria immagine, tanto per cominciare. Come fosse un moderno influencer della musica. Coltivava la sua fama «alimentando il mito di se stesso con oculate strategie di marketing», scrive di lui in un noto ritratto Stefania Delendati.
«Aveva i capelli lunghi e scarmigliati», dice ancora quel ritratto, «gli mancavano dei denti, l’imponente naso aquilino spiccava sul viso pallido e ossuto. Magrissimo e cupo, esaltava questi caratteri vestendosi sempre di nero e portando occhiali dalle lenti blu, perché sapeva che parte della sua fama era dovuta all’aura di mistero che lo circondava. Non sbagliano, dunque, quelli che lo considerano l’inventore del divismo».
UNA STAR MUSICALE
del suo tempo capace di creare tendenza: gli uomini si acconciavano i capelli come lui, il suo cognome era sinonimo di virtuosismo, quel che faceva o diceva varcava confini anche lontanissimi da lui (a partire dalla famosa frase “Paganini non ripete” pronunciata quando negò il bis a Re Carlo Felice di Savoia).
ARA MALIKIAN,
Tutto gli era concesso in nome della genialità assoluta e della grandezza mai eguagliata delle sue performance al violino,
musicista libanese di origini armene, che tutti considerano l’erede del violinista del diavolo, qualche giorno fa ha visitato la mostra genovese. Il suo commento? «È come se Paganini si fosse reincarnato in Jimi Hendrix, entrambi hanno usato il proprio strumento in modo rivoluzionario».